VIDEO | Il primo cittadino della cittadina cosentina su cui sorge l'ex impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi e non punta il dito contro la politica regionale. «Necessaria una delocalizzazione»
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Abbandonati dalla politica e scarsamente rappresentati. Così si sentono i cittadini residenti delle quattordici comunità a ridosso della valle del Noce, la vasta area naturale che segna il confine calabro lucano del versante tirrenico. Lo ha detto il sindaco di Tortora, Toni Iorio, che ieri è tornato a parlare della paventata riapertura dell'ex discarica di località San Sago nel corso della puntata di "Dopo la notizia", il programma di denuncia e approfondimento targato LaC tv e condotto da Pasquale Motta. Di recente, il primo cittadino tortorese ha indetto un Consiglio comunale straordinario per comunicare alla popolazione che il ministero dell'Ambiente, ignorando anni di battaglie ambientaliste, ha deciso di concedere l'Aia, ossia, l'autorizzazione integrata ambientale, documento con il quale i gestori dell'impianto di smaltimento dei rifiuti pericolosi e non sono sempre più vicini al riavvio delle attività.
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L'obiettivo è la delocalizzazione dell'impianto
«Credo che ci sia stato un disinteresse anche da parte di chi ci amministra nelle nostre regioni». Il sindaco Toni Iorio fa ancora riferimento al rilascio dell'Aia da parte del ministero dell'Ambiente (seguita al rilascio della Vinca da parte della Regione Basilicata, ndr), chiamato a decidere dal Tar dopo che il Dipartimento Territorio e Tutela dell'Ambiente della Regione Calabria aveva fatto scadere la decorrenza dei termini entro i quali decidere in merito alle autorizzazioni. Ma per il primo cittadino si è trattato di una beffa. «Avevamo fatto 500 chilometri dalla Calabria per arrivare a Roma e mezz'ora prima di incontrare il ministro - lo scorso 12 ottobre - ci è arrivata sul piatto l'autorizzazione integrata ambientale». La decisione, quindi, è arrivata poco prima che gli uffici romani potessero ascoltare le ragioni di sindaci e attivisti che non vogliono la riapertura dell'impianto, chiuso dalla magistratura alcuni anni fa a causa del presunto inquinamento ambientale. «Non volevamo incidere sul buon andamento degli uffici - spiega ancora Iorio -, ma avere un interlocuzione politica e tecnica per avere una delocalizzazione dell'impianto, che noi riteniamo opportuna e necessaria, perché è questi impianti di trattamenti dei rifiuti devono esistere ma non in una zona così di pregio e altamente da tutelare sotto altri spetti». La Valle del Noce, che prende il nome dall'omonimo fiume che l'attraversa, è considerata zona Sic, sito di interesse comunitario.
Il suggerimento del comitato
Come sempre accanto ai sindaco impegnati nella battaglia ambientalista, c’è il comitato per la difesa del Fiume noce che da tempo ha sollevato l’attenzione sulle conseguenze di una possibile esondazione del corso d’acqua in località San Sago e che, inevitabilmente, coinvolgerebbe anche l'impianto e le vasche di smaltimento dei rifiuti, distanti soltanto una manciata di metri. «È per questo che da tempo chiediamo l'applicazione del principio di cautela o di precauzione - dice ai microfoni di LaC News24 l'attivista Giuseppe Della Guardia -. Abbiamo il diritto di essere tutelati un ina situazione in cui, tra l'altro, non abbiamo dati certi». Secondo quanto riporta l'autorevole sito di Lexabaimente, si tratta di «uno dei princìpi fondamentali su cui poggia la difesa dell’ambiente è costituito dal principio di precauzione, introdotto nel 1992 dalla Conferenza ONU di Rio de Janeiro sull’ambiente e lo sviluppo, recepito nel diritto comunitario attraverso le modifiche apportate, nello stesso anno al Trattato di Maastricht».