Quando giungevano i controlli il personale dell’impianto di Contrada Coda di Volpe a Rende, veniva avvisato di riprendere il normale trattamento dei fanghi provenienti dai comuni dell’area urbana cosentina. Ma per buona parte del tempo i liquami venivano sottoposti solo a trattamenti parziali o non sottoposti affatto a depurazione. Per cui le acque reflue finivano tal quale nel fiume Crati. Fino a stamattina, quando poco prima dell’alba, davanti al complesso di proprietà del consorzio Valle Crati, sono giunti per apporre i sigilli, i carabinieri del Nucleo investigativo forestale, supportati dai militari del comando provinciale di Cosenza. Sei le misure restrittive accordate dal Gip del tribunale, su richiesta del procuratore capo Mario Spagnuolo che coordina le indagini insieme all’aggiunto Marisa Manzini ed al sostituto Giuseppe Cozzolino.

Inquinamento ambientale

Inquinamento ambientale è il reato contestato nell’ambito dell’operazione denominata “Cloaca Maxima”. Per il direttore dell’impianto, Vincenzo Cerrone, è scattata una interdittiva di 12 mesi, mentre il dirigente Dionigi Fiorita e altri quattro operai sono destinatari di un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La gestione dell’impianto è adesso affidata ad un custode giudiziario, Andrea Manna, che peraltro ha anche ricoperto per un breve periodo, l’incarico di presidente del consorzio Valle Crati in sostituzione di Maximiliano Granata, a sua volta destinatario di una misura interdittiva poi revocata, emessa pr un’altra vicenda giudiziaria.

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La gestione dell’impianto

A gestire il depuratore consortile è la Geko, il cui appalto è però scaduto, tanto che la società operava in regime di prorogatio. La gara per l’affidamento dell’appalto doveva essere espletata a marzo, ma ora che è scattato il sequestro tutte le procedure sono automaticamente bloccate. Imponenti le indagini, intraprese dopo le numerose segnalazioni di cittadini che avevano notato l’inquinamento del Crati e svolte anche con l’ausilio dei tecnici di Arpacal, come sottolineato in conferenza stampa. Si è proceduto all’analisi di quasi seimila ore di immagini ed all’ascolto di circa diecimila telefonate. Accertati  141 sversamenti di liquami non depurati nel giro di due mesi. Sui motivi che hanno spinto ad adottare la condotta illecita, la procura prosegue i propri accertamenti.

Salvatore Bruno