La Regione ammette l’inghippo, e il disastro ambientale prodotto dal canale interno all’area portuale-industriale - già certificato in note ufficiali - diventa a tutti gli effetti materia da romanzo giallo oppure di un contenzioso giuridico. Nel verbale dell’ultima riunione del tavolo tecnico, convocato a seguito degli illeciti sversamenti di liquami nella rete delle acque piovane, il dirigente del Dipartimento Ambiente, Orsola Reillo, non mette in dubbio l’avvenuto “sovrapporsi delle competenze di enti diversi”, e lo rimarca nel documento.

 

L’ammissione di questo rimpallo di responsabilità fra l’Autorità portuale, l’ente regionale ex Asi, il Comune e la società mista che gestisce il ciclo della depurazione, Iam, suona come una nuova beffa, visto che il ritardato intervento alla foce del canale ha causato la tracimazione dei liquami nel mare antistante, il 7 e il 25 agosto.

 

Nella riunione tenutasi a Catanzaro il 30 agosto, erano particolarmente attese le dichiarazioni dei delegati dell’Autorità portuale – nel cui territorio insiste tanto la parte terminale del canale, quanto la pozza di idrocarburi segnalata sin dal 10 luglio scorso -, e dei rappresentanti della società pubblico privata che aveva il compito della manutenzione della condotta inquinata. L’ente portuale ha ribadito di “non sentirsi titolare delle aree in questione”, pur offrendo “piena disponibilità a supportare le operazioni e ad intervenire” nel cantiere aperto.

 

La Iam, allo stesso modo, ha insistito nel ritenere l’evento illecito che ha portato alla saturazione del canale indipendente dalla “normale manutenzione della rete”. Queste due posizioni, tendenti a spostare altrove eventuali responsabilità amministrative presenti e future sul flusso di metalli pesanti che ha inquinato il mare, non sono state per niente confutate dai delegati del Consorzio industriale (ex Asi, oggi Corap), che, quale ente sub regionale verrebbe riconosciuto ancora oggi come proprietario della condotta inquinata – anche di quella parte che attraversa l’area portuale – e concessionario alla Iam della gestione del canale lungo 4 km. Dunque responsabile di ciò che il canale stesso ha prodotto.

 

E se il comune ha continuato a dichiarare di “non avere competenza” e di sentirsi “solo spettatore in questa fase”, ricordando la necessità di fare in fretta per individuare la fonte degli sversamenti illeciti, la tabella di marcia dei prossimi interventi sembra molto serrata.

 

Cinque azioni in sequenza per sbarrare a monte il canale ad opera della Iam, svuotare la rete attraverso un by pass che smista l’acqua piovana verso la condotta comunale che si trova vicina, prelevare e smaltire tramite autospurgo delle acque ancora contaminate, raccogliere la sabbia per determinarne la classificazione della sua pericolosità, e, infine, non appena il livello dell’acqua si sarà abbassato, si prevede l’intervento dei sommozzatori dei vigili del fuoco per ispezionare il canale alla ricerca dell’innesto utilizzato per sversare gli idrocarburi.

 

Dal computo delle 5 azioni programmate fino ad una prossima riunione da convocare, si nota come ad operare saranno la Iam, per quanto riguarda la deviazione delle acque, il Comune, che tramite la ditta Ecosistem deve continuare a smaltire i sedimenti (ma l’operazione è pagata con fondi regionali) e l’Arpacal a cui competono i futuri prelievi. Intanto, domani (martedì) è previsto l’arrivo a Gioia Tauro della commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti, impegnata in una due giorni calabrese con alcune audizioni sul termovalorizzatore. Da quel che risulta, i comitati di lotta attivi a San Ferdinando e Gioia Tauro sull’emergenza del “canale killer” del porto non sarebbero stati convocati. 

 

Agostino Pantano