Dopo gli istituti penitenziari di Rossano, Cosenza e Vibo Valentia arriva anche al carcere di Laureana di Borrello l’olivo bianco della Madonna, messo a dimora dai detenuti questa mattina alla presenza tra gli altri del vescovo di Oppido Mamertina-Palmi mons. Giuseppe Alberti, del comandante della polizia penitenziaria Giuseppe Ramondino, della direttrice del carcere Caterina Arrotta, dalla dirigente dell'area educativa Simona Prossomariti e da alcuni rappresentati di Archeoclub d’Italia sezione di Vibo Valentia, associazione promotrice dell’iniziativa dall’alto valore simbolico e pensata per contribuire, tra le altre cose, alla tutela della biodiversità.

Questa varietà di olivo serviva infatti anticamente per produrre l’olio che andava ad alimentare le lampade nelle chiese. Con l’avvento dell’energia elettrica questo olio non veniva più utilizzato e il rischio era l’estinzione della pianta. L’associazione ha così iniziato a mettere a dimora la pianta presso numerosi luoghi di culto e, adesso, anche negli istituti penitenziari calabresi.

«La piantumazione di un olivo in questo centro, dove persone stanno scontando una pena e lo fanno anche in modo attivo, dinamico, con un nuovo progetto di riabilitazione, dà molta speranza. È veramente un segno di pace e di futuro - ha commentato mons. Giuseppe Alberti -. L’augurio è che non sia solo un piccolo evento formale ma che sia espressione di una volontà reale di intraprendere percorsi di riconciliazione, di riavvicinamento, di ricostruzione di una umanità che è l'unica che può creare le premesse della pace».

L’olivo bianco della Madonna sarà messo a dimora nei prossimi giorni anche nelle carceri di Palmi e di Locri per poi proseguire presso altri istituti penitenziari.

«L'olivo della Madonna è un olivo speciale - ha sottolineato la vicepresidente dell’Archeoclub di Vibo Valentia Anna Rotella -. Normalmente è un olivo che non si può riconoscere in nessun altro modo, ma in questo momento è speciale perché le sue olive diventano bianche. C’è un momento speciale anche nella vita di ciascuno di noi, nel quale usciamo fuori dall'essere tutti uguali, in cui cominciamo a conoscere le cose, a conoscere noi stessi. Ognuno di noi può essere speciale e in carcere vale anche più che negli altri luoghi».