Critiche da parte dei professionisti sulla tutela degli imputati e delle parti civili e un appello alla politica per investire sulle strutture giudiziarie locali. Aloi (Camera penale di Vibo): «Urge una programmazione seria»
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L’Appello del processo Rinascita Scott, la cui prima udienza è fissata per il 3 febbraio prossimo, si svolgerà lontano dall’aula bunker di Lamezia appositamente costruita per ospitare il maxiprocesso. L’inagibilità della struttura lametina, duramente colpita dall’alluvione dello scorso mese di ottobre, ha infatti portato allo spostamento della sede del processo da Lamezia a Catania. Una decisione che non ha certamente lasciato indifferenti gli avvocati impegnati nel processo.
«Quella di spostare il processo Rinascita Scott a Catania è una decisione per la quale noi manifestiamo netta contrarietà, e mi sento di poter parlare a nome di tutto il collegio difensivo del processo - spiega ai nostri microfoni Giuseppe Mario Aloi, presidente della camera penale di Vibo -.Le ragioni sono molteplici, innanzitutto nell’interesse delle parti del processo e in particolare dell’imputato, il quale vive un momento particolare della sua vita e per il quale c’è in gioco la libertà».
Il giusto processo al centro della critica
Una posizione, quella dei penalisti vibonesi che, chiarisce Aloi, non vuole essere a difesa della categoria professionale: «Noi come avvocati siamo anche abituati a trasferte più dispendiose. Noi difendiamo sostanzialmente quello che è il giusto processo, perché al centro del giusto processo ci deve essere l'imputato e inoltre, perché il processo sia giusto, deve essere innanzitutto celebrato nel luogo dove le condotte, così come contestate, sono state presuntivamente commesse».
Aloi sottolinea che il trasferimento del processo non solo priva la comunità locale della possibilità di vivere direttamente il dibattimento – elemento cruciale per la funzione deterrente del processo stesso – ma infligge un’ulteriore penalizzazione agli imputati e alle parti civili. «Anche le parti civili hanno interesse a vedere ristorato il danno subito dal reato all'interno della comunità dove quel danno è stato creato», aggiunge, evidenziando l’importanza di mantenere il processo nel contesto territoriale di origine. Continua a leggere su ilVibonese.it