La sfida di questa sera alle 21 tra l'Italia e la Spagna a Gelsenkirchen non è semplicemente una partita di calcio ma anche la "partita" dell'orgoglio e dei ricordi dei tanti italiani - molti dei quali calabresi - che da anni vivono per motivi di lavoro in questa zona d'Europa.  A  circa 30 km di distanza, infatti, si trova un altro grande centro di emigrati calabresi in Germania: Duisburg

Gelsenkirchen è una città prevalentemente industriale e non a caso la principale attrazione è l’ex complesso industriale per l’estrazione del carbone Rheinelbe, ora riqualificato.  Accanto alla fan zone, nel terreno del complesso Nordstern e principalmente sull’ex torre d’estrazione campeggia la scultura monumentale di Herkules, realizzata dall’artista Marcus Lupertz.  Oggi vero polmone verde della città che ospita ben 270.000 abitanti.

In questo complesso hanno lavorato (e lavorano) tanti calabresi sin dai primi anni ’50. Domenico lo troviamo qui nel fan Village con i suoi figli e nipoti: «Un tempo qui si lavorava duro – ci racconta –. Appena arrivato dalla provincia di Catanzaro venivamo assunti in questo stabilimento enorme senza capire lingua e cultura; lavoravamo 12 ore al giorno. Grazie a questo lavoro sono riuscito a far fortuna, mi sono stabilito qui ed i mei figli sono oramai tedeschi, cosi come i miei nipoti. Il duro lavoro in fabbrica è un ricordo – ci confida con gli occhi lucidi – Qui oramai le fabbriche non esistono più. A nostro modo abbiamo contribuito anche all’economia di questa regione».

L’ area industriale della Ruhr, infatti,  ha rappresentato per secoli la locomotiva della Germania. Le fondamenta della ricchezza tedesca. Quasi cinquemila chilometri quadrati di carbone e ferro, lavoro e sudore, lacrime e lusso, con minatori e operai arrivati da tutta l'Europa e dalla Calabria e "fusi" come l'acciaio nel crogiuolo del miracolo industriale tedesco.

Antonio è originario di Cassano All’Ionio e ci racconta: «Sono arrivato qui che non avevo nulla, neppure una valigia. Ora che le miniere sono chiuse non avrei mai pensato che la nostra storia di emigrati potesse essere raccontata a tutti. L’Italia e la Calabria sembravano lontane, si comunicava tramite lettere, adesso invece bastano pochi secondi, un messaggio su WhatsApp o un video sui social per ridurre virtualmente le distanze».  

Zio Domenico, un arzillo vecchietto di origine calabrese ci racconta: «Ero minatore  qui - ricorda – Negli anni ’50 la Germania ha avuto bisogno di noi per risollevarsi. Noi eravamo felici, andavamo a dormire tranquilli perché il giorno dopo il lavoro ci sarebbe stato ancora, e la paga era puntuale. I tedeschi non ci hanno regalato nulla, noi abbiamo portato manodopera specializzata».