Il tecnico, ex Reggina, descrive la sua squadra affamata di successi e ricorda emozionato: «Mio figlio, piccolo ultras, mi ha commosso durante l’esordio: “Papà, c’è uno striscione dedicato a te”»
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Il mister Nello Gambi, con grande orgoglio, ripercorre la sua carriera, iniziata nel settore giovanile della Reggina e culminata con il suo attuale ruolo di allenatore dello Sporting Polistena. Parla della sua passione per il calcio e delle soddisfazioni personali, ma è soprattutto entusiasta dell’opportunità che la sua squadra avrà di scendere in campo al Granillo per il big match contro il Catona. Questo stadio, che ha ospitato tanti campioni e ha scritto pagine importanti della storia calcistica, rappresenta per lo Sporting Polistena una vetrina straordinaria, un'occasione unica per dimostrare il valore della squadra davanti a un pubblico appassionato e caloroso.
Il mister sottolinea anche l’importanza del legame con i tifosi, che sono un vero e proprio dodicesimo uomo in campo, e l’affetto che lui e la sua squadra ricevono dalla città. Inoltre, mette in evidenza la grande connessione e sintonia con il direttore sportivo Ciccia e con Peppe Giancotta, una figura storica del calcio a Polistena. La partita contro il Catona non è solo una sfida sul campo, ma anche un momento speciale che segnerà un’altra tappa nel cammino dello Sporting Polistena verso traguardi sempre più ambiziosi.
Mister, partiamo dai suoi inizi. Come descriverebbe l'esperienza di entrare nel settore giovanile amaranto, tanti anni fa? Quali emozioni provava quando, da giovane, indossava quella maglia?
«Ho iniziato la mia carriera calcistica nel settore giovanile della Reggina, partendo dagli Esordienti fino a raggiungere la prima squadra. Un momento indimenticabile è stato quando, nel 2005, sono stato in panchina con Walter Mazzarri durante una partita di Serie A contro il Lecce. Quegli anni sono stati i più belli della mia vita calcistica: mi hanno formato non solo come calciatore, ma anche come persona e come ragazzo, gettando le basi per la mia carriera, che pur modesta, mi ha dato tantissime soddisfazioni. Devo quindi un grande ringraziamento alla Reggina, che considero la "vera" Reggina, quella di Lillo Foti».
Come definirebbe la sua esperienza da calciatore e quali momenti ritiene siano stati più significativi per la sua crescita?
«Ho trascorso alcuni anni in prestito, passando dalla Vibonese alla Paganese in Lega Pro, e infine al Melfi. La mia carriera si è poi sviluppata tra Serie D, Eccellenza e Lega Pro. Ricordo con affetto tutte le esperienze, ma quelle che più mi sono rimaste nel cuore sono quelle in cui ho vinto titoli. A Pagani, ho vinto il campionato di C2, a Castrovillari l’Eccellenza, e con la Gioiese ho conquistato il campionato di Promozione e, successivamente, il triplete con Eccellenza, Supercoppa e Coppa Italia. Un altro momento speciale è stato con la Vibonese, quando siamo riusciti a vincere i play-off e conquistare la Lega Pro. Sono le stagioni vincenti che rimangono indelebili nella memoria».
Il passaggio da giocatore ad allenatore è un cambiamento profondo. Come ha vissuto questa transizione?
«Un grande ringraziamento alla Deliese e al direttore De Giorgio, che due anni fa hanno creduto in me nonostante un momento di difficoltà. Mi hanno dato l’opportunità di intraprendere questa nuova avventura, molto diversa dal ruolo di calciatore, con maggiori responsabilità. È una sfida che mi appassiona e stimola, e cerco di affrontarla al meglio, mettendo a frutto le esperienze avute con allenatori di valore per ottenere risultati significativi».
Ha iniziato allenando la Deliese, per poi passare allo Sporting Polistena. Subentrare a mister Babuscia, che aveva portato la squadra ai vertici, non dev'essere stato facile. Come si è sentito nel prendere in mano la squadra, viste le aspettative?
«La chiamata del Polistena è stata inaspettata, soprattutto dopo il lavoro straordinario di Giuseppe Babuscia. Non credo di aver fatto nulla di eccezionale. Quando sono arrivato, il mio obiettivo è stato continuare il lavoro che lui aveva avviato. È chiaro che, con il tempo, ho cercato anche di inserire le mie idee, ma ciò che voglio sottolineare è la straordinaria disponibilità dei calciatori. Mi hanno accolto come se fossi il loro allenatore da sempre, e anche la società mi ha supportato in ogni modo. Questo ha sicuramente facilitato il mio compito, anche se, va detto, c'è una grande responsabilità nel proseguire il lavoro di Babuscia».
La sua squadra è composta da giocatori esperti come Panuccio, De Masi, Giovinazzo e Stillitano, ma anche da giovani promettenti che si supportano a vicenda. Quanto ritiene importante l'unità e la coesione del gruppo?
«Ho sempre sostenuto, fin dal primo giorno, che questa squadra non è solo forte dal punto di vista tecnico-tattico, ma che l'aspetto più importante è l'unità del gruppo. Sono un gruppo straordinario, che gioca sempre l'uno per l'altro, affiatato e coeso. Da quando sono arrivato a Polistena, non ho mai assistito a discussioni tra i giocatori. Si percepisce davvero un grande spirito di famiglia e una concentrazione totale nel perseguire l'obiettivo. Sanno di essere protagonisti di qualcosa di speciale e che hanno l'opportunità di entrare nella storia di una società che, anche a livello dilettantistico, ha sempre rappresentato una realtà di prestigio, come il Polistena».
Mister, come descriverebbe il suo rapporto con il direttore sportivo Ciccia?
«Ho incontrato il direttore per la prima volta durante una chiacchierata informale e, in pochissimo tempo, abbiamo trovato una sintonia perfetta, che ci ha portati subito a lavorare insieme per il Polistena. È un ragazzo giovane, come me, pieno di ambizione e con un forte legame con la sua terra, il che lo rende motivato a fare di tutto per portare il Polistena dove merita».
Peppe Giancotta è una figura simbolica per il calcio a Polistena. Qual è il suo rapporto con lui e che ruolo riveste nella sua esperienza in questa società?
«Il rapporto con Peppe Giancotta è davvero speciale e molto positivo. Sin dal nostro primo incontro, è nata una connessione immediata, che mi ha permesso di sentirmi a mio agio e di capire quanto sia importante la sua figura per questa società. Peppe è una persona che ha una grande esperienza e una profonda conoscenza del calcio, ed è per questo che lo considero un vero punto di riferimento. Lo chiamo sempre "il mister" con grande rispetto, perché ogni volta che parlo con lui riesco a imparare qualcosa di nuovo. La sua saggezza, il suo approccio al gioco e la sua visione sono fondamentali, e credo che ascoltarlo e imparare da lui sia una parte importante del mio percorso a Polistena. Il suo ruolo è quello di guida, non solo a livello calcistico, ma anche umano, e avere la possibilità di lavorare con lui è un'opportunità preziosa».
I tifosi sono sempre un elemento centrale. Come si sente sapendo di poter contare su un tifo così caloroso e appassionato?
«Ho avuto la fortuna di trovare una tifoseria davvero speciale, una passione che in queste categorie è davvero rara e che difficilmente si trova altrove. A casa, ho un figlio di 8 anni che vive il calcio con la stessa intensità di un vero ultrà, condividendo con loro tutta la sua gioia e il suo entusiasmo. Mi ricordo in particolare un momento che mi ha toccato nel profondo: alla mia prima partita da allenatore del Polistena, mio figlio mi ha detto con gli occhi pieni di emozione: “Papà, ti hanno messo uno striscione e ti hanno fatto il coro!” Quel gesto, così semplice ma straordinariamente significativo, mi ha fatto capire quanto profonda fosse la connessione tra la squadra e i tifosi. Un’emozione che non dimenticherò mai».
Lo Stadio Granillo è un luogo speciale, ambito da molti giovani calciatori. Ogni partita lì ha un sapore unico. Che tipo di emozioni si aspetta di vivere in vista della partita di domenica?
«Penso che non sia una cosa che accade tutti i giorni, vedere una partita di Prima Categoria disputata in uno stadio così importante, che ha visto passare tanti giocatori di Serie A e veri campioni. È un motivo di grande orgoglio per noi, e il merito va sicuramente alla squadra, che è riuscita a costruire questa opportunità, e alla nostra tifoseria. Se il Catona, che ringraziamo sentitamente, ha preso questa decisione, è perché c’è la certezza che ci sarà un grande seguito da parte dei tifosi del Polistena. Credo che sia un motivo di orgoglio per entrambe le squadre e mi auguro che sia una bellissima giornata di sport per tutti».
Come gestisce la pressione che accompagna una partita così importante?
«La affronteremo come abbiamo sempre fatto: ogni settimana ci prepareremo al meglio, consapevoli dell'importanza della partita. Tuttavia, sappiamo che non determinerà l’esito del campionato. Quindi la prepareremo con la giusta concentrazione, dando il massimo, sempre con il dovuto rispetto per l'avversario. Ma, naturalmente, il nostro obiettivo sarà cercare di vincere. Non sono un allenatore presuntuoso, ma facciamo parte di una società ambiziosa, e andremo in campo con la determinazione di fare il meglio possibile. Poi, come sempre, sarà il campo a decretare il risultato finale».
Che tipo di partita si aspetta, considerando la posta in gioco per entrambe le squadre? Anche un pareggio potrebbe essere un ottimo risultato per lo Sporting Polistena.
«Sarà sicuramente una partita intensa e piena di tensione. Questo tipo di sfide, con una posta in palio così alta, non sono mai facili né spettacolari. Il Catona, inevitabilmente, dovrà cercare di imporre il suo gioco per conquistare la vittoria, ma dall’altro lato troverà una squadra decisa, affamata di successo, che rispetta l'avversario ma è pronta a lottare con tutte le sue forze per raggiungere il miglior risultato possibile. La mia squadra è fatta per scendere in campo e giocarsela senza paura. Se non possiamo vincere, l’obiettivo è comunque non perdere, e questo è sempre il nostro approccio. In ogni caso, andremo lì per esprimere al meglio il nostro gioco e sfruttare tutte le opportunità che avremo».
Il reparto offensivo del Catona è temibile, con Lancia a quota 17 gol e l'esperienza di Reginaldo. Quali sono, a suo avviso, le principali insidie che nasconde questa squadra?
«Sono una squadra composta da giocatori esperti, con l'eccezione di Reginaldo, che vantano più di cento presenze in Serie D e in Eccellenza. Si tratta di una rosa di qualità, ben strutturata, che sta disputando un ottimo campionato. Per questo motivo, dovremo essere molto attenti e mantenere una concentrazione massima per affrontarli nel migliore dei modi».
Quel cerchio magico che si forma al termine di ogni partita è diventato un rito importante. Da dove nasce questa tradizione e cosa rappresenta per lei?
«La nostra forza nasce dal fatto che siamo un gruppo davvero speciale, unito e affiatato. È evidente l'attaccamento che ogni ragazzo ha verso questa maglia e questa squadra. Voglio anche sottolineare il grande spirito di squadra che si percepisce anche da chi, purtroppo, non può essere sempre in campo, come gli infortunati o coloro che non vengono convocati e vanno in tribuna. Ogni domenica sono lì, sempre presenti, pronti a supportare i compagni con un impegno invidiabile. Sono ragazzi che, davvero, si sono calati nel ruolo, vivendo la squadra come un vero e proprio obiettivo comune. Un aspetto fondamentale è che, oltre ai protagonisti che abbiamo già citato, ci sono tanti ragazzi di Polistena in rosa. Questo significa che c'è un forte senso di appartenenza, e tutti vivono ogni giorno con la consapevolezza che possono contribuire a scrivere la storia di questa società».
Stillitano ha saltato la partita di domenica. Sarà regolarmente a disposizione per la sfida al Granillo? La rosa è al completo?
«Sì, Stillitano, dopo qualche problemino nelle settimane scorse, dopo la semifinale di Coppa Italia, ha riposato, sta bene. Abbiamo tutta la rosa a disposizione».
C'è un messaggio che sente di voler condividere con i tifosi in vista di questa importante partita?
«Spero che i nostri tifosi ci seguano numerosi, e ne sono convinto, visto che ci stanno già dando grande supporto sia in casa che, soprattutto, in trasferta. Il Granillo rappresenta il palcoscenico che questa tifoseria merita, un luogo importante dove poter esprimere tutto il loro affetto. I nostri tifosi sono il nostro dodicesimo uomo in campo, una presenza fondamentale. La mia squadra e la mia società hanno bisogno del loro calore e del loro sostegno in ogni momento».
Mister, il suo nome è associato al calcio, ma c’è anche una vita oltre il campo. Quali sono, oltre alla sua carriera da allenatore, i suoi sogni e le sue ambizioni nella vita privata?
«Sono un ragazzo normale, con una splendida famiglia. Vivo una vita normale, lavorando con impegno, perché credo che non si possa vivere solo di calcio. Ma, allo stesso tempo, ho l’ambizione di fare qualcosa di importante nel mio percorso. La gioia più grande per me, però, è vedere ogni domenica o sabato i miei figli venire al campo, fare il tifo e magari anche rammaricarsi insieme a me quando non arrivano i risultati sperati. In fondo, sono solo un ragazzo come tanti, ma con un grande cuore e tanta passione».