La Nazionale marocchina è la prima africana a qualificarsi alla semifinale di un Mondiale: un sogno grande quanto un continente intero
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Nella cultura di massa, il sogno Americano (The American Dream) è la speranza a stelle e strisce, condivisa da politici, analisti e abitanti degli Usa, che attraverso il duro lavoro, il coraggio, la determinazione sia possibile raggiungere grandi obiettivi.
Accade, a volte, che l’American Dream si possa declinare per storie e culture differenti. Quella, per esempio, della Nazionale di calcio del Marocco, la prima storica selezione africana capace di arrivare alle semifinali di un Mondiale. È successo nel 2022, all’edizione numero ventidue della kermesse iridata. Una storia di sacrificio, impegno e coraggio, che rende finalmente giustizia alla passione di un continente intero, troppo spesso abituato, certi palcoscenici dorati, a viverli da sognante spettatore.
Grandi avversarie
Il Marocco, stavolta, ce l’ha fatta. E in grande stile, senza aiuti, eliminando alcune delle più forti. Ha fatto fuori il Belgio ai gironi, la Spagna agli ottavi, ora il Portogallo. Hakimi e compagni si sono regalati ciò che sembrava impossibile nel modo più autorevole possibile, estromettendo meritatamente le tanto blasonate e quotate selezioni europee. A casa la Gold Generationbelga, a casa il Tiki-taka spagnolo, a casa CR7 e i talenti lusitani. Un Marocco umile, laborioso, pieno di giocatori partiti dal nulla. Walid Cheddira è un esempio (e poco importa dell'espulsione nel finale dei Quarti): è l'attuale capocannoniere della Serie B col Bari, partito da Loreto, nelle Marche. L'anno scorso giocava contro la Vibonese, in Serie C. Un talento, forse, ancora grezzo ma in ascesa, voglioso di realizzarsi, capace di concretizzare i propri sogni e quelli del padre Aziz, ex calciatore anche lui, poi divenuto operaio in Italia per necessità.
«Mio padre Aziz - ha raccontato Cheddira nei giorni scorsi - ha giocato a calcio nelle leghe del Marocco ma 38 anni fa ha deciso di trasferirsi in Italia in cerca di fortuna. Aveva bisogno di un lavoro e lo trovò a Loreto come operaio. Ora per fortuna può riposare un po’».
Non chiamatela favola, però, quella del Marocco. Le favole si basano, spesso, su premesse fantastiche, quasi irreali. Chiamatelo più sogno: solido, ricco di significati, ma di certo partito da premesse non scevre di difficoltà. In tanti sono nati lontani dall’Africa. Figli di genitori in fuga dalle difficoltà, proprio come raccontato dallo stesso Cheddira. Del resto, poi, li viviamo tutti i giorni: non sono pochi, infatti, i cittadini marocchini che vivono nel Sud e nella nostra Calabria, che vivono e lavorano al nostro fianco. Forse è anche per questo che viviamo questa simpatia: non possiamo gioire per noi, non possiamo vivere le notti magiche, loro però sì. E siamo contenti per loro.
Non è retorica, è realtà: quella della selezione guidata dal ct Walid Regragui è una parabola storica, un sogno bellissimo che vogliamo, da spettatori neutrali, continuare a vivere. Un vero e proprio Moroccan Dream, che per fortuna avrà almeno un altro capitolo.