Dieci punti di differenza tra le due formazioni. Positivo l’atteggiamento in casa degli amaranto che hanno registrato buone prestazioni da inizio anno
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Impegnativa e a prova di maturità la trasferta che attende il Locri. Andare a Ragusa in questo momento significa fare doppio zaino, per portarci dentro tutta la lezione acquisita negli ultimi tempi. Quei dieci punti di differenza dicono tante cose, oltre alle tre vittorie che le aquile sicule hanno in più dei locridei. All’occhio salta come la squadra di Ingoffo sia in pari tra i gol segnati e i gol subiti. La quota è ventotto, un buon numero se si pensa che il Ragusa subisce meno reti del Licata e del Real Casalnuovo che stanno qualche unità sopra in ordine di classifica. Eppure gli iblei sono andati a cadere proprio nel confronto con il Canicattì, permettendogli così di avvicinarli.
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Il Locri pecca nelle reti subite, nel non essere riuscito a sganciarsi dalla zona bassa della classifica ma il ruolino di marcia del nuovo anno è da pollice in su. Supera persino quello dei prossimi avversari siciliani visto che consta di otto punti (contro i sette del Ragusa), pari a due vittorie e due pareggi. L’atteggiamento di domenica, in casa contro il Sant’Agata, non ha propriamente deluso gli addetti ai lavori che si sono definiti, più che altro, con l’amaro in bocca.
Il portavoce è stato il presidente, visto che la società ha preferito mantenere il silenzio stampa anche per questa settimana. Non ci sono contestazioni o malumori, solo la constatazione di una sorta di sfortuna negli episodi, garantita o meglio accompagna dalla mancata freddezza di approfittare del calo scenico degli avversari in alcuni frangenti della gara. Il gioco ha avuto un certo tono e anche le dovute risposte alle iniziative del Sant’Agata, però manca ancora un “quid” che dovrebbe fare la differenza in fatto di salvezza. Domenica intanto per gli gli amaranto di Panarello c’è la trasferta presso lo stadio Aldo Campo di Ragusa. L’incontro è affidato alla direzione del fischietto aretino Barbetti, coadiuvato da Giannetti di Firenze e Mino di La Spezia.