C'era un tempo in cui essere tifosi della Reggina era un orgoglio. Che arrivassero, sul campo, vittorie o sconfitte, il profumo dell'appartenenza avvolgeva sempre la maglia amaranto, indossata con onore in ogni possibile occasione. Reggio era la Reggina, la Reggina era Reggio. Oggi di quello spirito è rimasto uno sbiadito ricordo, divorato dall'agitazione, dalla rabbia e dalla vergogna.

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Un nastro triste da riavvolgere

Gli anni di affanni economici, intervallati da qualche schiarita anche estremamente fortunata a livello sportivo, hanno portato al secondo anno consecutivo in cui la Reggina è sulla bocca di tutta Italia per questioni extracalcistiche. Onte dopo onte, figuracce dopo figuracce. Sì, c'è ancora il Tar e poi il Consiglio di Stato, ma lunedì 17 giugno alle ore 21:30 alla Reggina è stato detto per la terza volta in venti giorni: "No, non ti iscriviamo in Serie B".

Infondato

Il tutto accompagnato da una frase, pesante, che affermava come il ricorso degli amaranto fosse non solo inammissibile ma anche infondato.

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Per la serie: non solo non ci sono basi per darvi ragione, ma le vostre pretese sono completamente illogiche. E va bene che il palazzo del calcio sta dimostrando un accanimento senza precedenti (altri, con debiti feroci, sono tranquillamente a costruire squadroni per vincere il campionato); e va bene che Gabriele Gravina stia gonfiando i muscoli con un club come la Reggina per poi girare le spalle ai miliardi di euro di debito delle big; e va bene che il trionfatore della vicenda, alla fine, rischia di essere quel Cellino che, per sua stessa ammissione, gli scheletri nell'armadio li brucia insieme ai faldoni sporchi; va bene tutto, ma ritorniamo a ribadire che questa situazione ci faccia anche un po' venire l'acido allo stomaco, perché la Reggina era una delle cose belle di Reggio Calabria e per l'ennesima volta ce la stanno infangando, forse distruggendo.

Nascondere

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Ce la sta infangando anche e soprattutto chi si era prefissato di salvarla. Parlando di piani triennali, di orgoglio, di grande squadra. Felice Saladini, oggi, è un patron fantasma. Un uomo, prima che un imprenditore, che non va all'udienza decisiva della sua azienda; un uomo che era mancato anche a Bolzano, nella notte del ritorno ai playoff; un uomo che si nasconde dietro comunicati stampa per richiamare all'ordine un professionista del calibro di Pippo Inzaghi, uno che pur di dare una gioia sportiva a Reggio Calabria è andato contro tutti e tutto; un uomo che non ha il coraggio di presentarsi in città e spiegare cosa abbia combinato da febbraio in avanti, in un confronto onesto.

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Da settimane ci domandiamo chi sia Felice Saladini e cosa volesse dalla Reggina: lui non sta rispondendo, nascosto in una comunicazione indecente. Noi, comunque, un'idea ce la siamo fatta e non è positiva.

Raduno

Nel mentre, oggi al Sant'Agata sono arriva i giocatori per il raduno. Un ritiro che parte, come ormai di consueto, con dubbi, difficoltà e un senso di vuoto che non potrà che influire su quello che sarà il lavoro. Crisetig e soci non sanno se giocheranno effettivamente la stagione che andranno a preparare e, probabilmente, non ci sarà nessuno della proprietà ad accoglierli, a spiegare ciò che in realtà è poco spiegabile. Non c'è più neanche Cardona, che con la squadra aveva comunque rotto la notte della vittoria contro l'Ascoli. Anche lui: aveva promesso una conferenza, un saluto. A oggi, zero contatti.

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Insomma, il quadro è macabro, triste. La rabbia è molte, ti colpisce a ondate e non è una questione sportiva: se andasse male, com'è successo otto anni fa, Reggio Calabria ripartirà dai dilettanti, affrontando a testa alta anche le nuove Roccella e Leonfortese. Ma ciò che non può essere perdonato è il modus operandi scellerato, arrogante e strafottente, di chi dirige un bene sì privato, ma di grande valore sociale per tutto un territorio. Oggi, purtroppo, essere la Reggina è maledettamente difficile.