La prima medaglia dell'atletica azzurra a Parigi 2024, dopo gli splendori di Tokyo e la carestia di questa prima parte dell'edizione francese dei Giochi, arriva da un ragazzo da 19 anni che salta da predestinato. Certo, Mattia Furlani ha davanti un eroe come Milziade, il Tentoglu che bissa l'oro di tre anni fa con un 8.48, ma il suo 8.34 del salto in lungo vale un bronzo pesantissimo. «È stato incredibile, ci ho creduto fino alla fine: ma non voglio più piangere davanti alle telecamere, altrimenti poi mi date del piagnone..», le sue prime parole con lieve accento romanesco.

«Ma è la più grande emozione della mia vita». A tratti, Furlani ha cullato anche il sogno di una medaglia più preziosa - l'argento è stato sfiorato solo di due centimetri, la distanza che lo divide al giamaicano Pinnock - sotto gli occhi della mamma-coach Kathy Sech (ex velocista senegalese) che in tribuna sorrideva e incitava, consigliava e consolava. Subito un salto portentoso, come a prendersi la sua prima Olimpiade: 8.34. Perfino Tentoglu deve aver temuto (8.27 al primo stacco), prima di riprendere la sua regolarità da campione: sei salti, e un solo nullo, all'ultimo tentativo quando l'oro era già certo.

Ma già al secondo il greco aveva stampato sulla sabbia il suo 8.48 da primo posto. Pinnock invece, nonostante il vizio di staccare molto lontano dalla linea rossa, aveva fissato il secondo salto sull'8.36. Così la gara di Mattia - la meglio gioventù di una generazione dell'atletica fatta di diversi italiani di seconda generazione - è diventata una rincorsa: la voglia di fare deve averlo tradito al terzo e quarto salto, nulli, poi il quinto ha fatto sognare tutti. Ma è stato ancora 8.34. L'ultimo, con la certezza della medaglia perché gli altri cinque dietro non avevano fatto meglio, è stato quasi uno scarico. Poi Mattia ha festeggiato col tricolore sulle spalle.

La serata azzurra era stata aperta dalla prestazione di Pietro Arese. Nei 1500 impresa dell'americano Cole Hocker che vince l'oro, detronizzando il campione olimpico di Tokyo, il norvegese Jakob Ingebrigtsen, solo quarto. Argento all'inglese Josh Kerr, bronzo all'altro americano Yared Nuguse. Ma l'ottavo posto di Arese è stato accompagnato da un primato italiano che supera un'icona del mezzofondo azzurro: con 3'30''74 Arese migliora di due secondi il primato italiano (3'32''78) detenuto dal 1990 da Gennaro Di Napoli. «Sono rimasto sorpreso di vedere questo tempo, leggere lo '0' come seconda cifra dei secondi mi ha spiazzato», ha detto il mezzofondista italiano. «Questo risultato è arrivato grazie al tanto lavoro e all'essere circondato dalle persone giuste, mai opprimenti, tenendo in primo piano il lato umano».

Nel lungo femminile ottime notizie da Larissa Iapichino: l'azzurra, che dovette saltare Tokyo 2020 per infortunio, è volata a 6,87 con il secondo salto e si è presa la qualificazione diretta per la finale superando la misura richiesta di 6,75 dopo aver cominciato con 6,60. «È stata una bella qualificazione, mi sono piaciuta io che la mattina odio gareggiare - il commento di Iapichino - perché sono una tipa da pomeriggio-sera. Ma, a parte gli scherzi, è stato bellissimo perché finalmente sono anche io un'atleta olimpica e in più sono in finale. Ci ho messo tanta grinta ed entusiasmo, e ho pensato a me bambina di sette-otto anni quando sognavo di raggiungere un traguardo del genere. Ora sono in finale e andrò a giocarmela come sempre, con il coltello fra i denti».