Nicola Bellomo, cresciuto calcisticamente nelle strade di Bari, ha vissuto una carriera ricca di esperienze, che lo ha portato a giocare in diverse piazze importanti, dalla Serie A alla Serie C. È stato protagonista della vittoria del campionato di Serie C con la Reggina, una città che considera ormai casa, grazie al calore dei tifosi e ai legami con i compagni. Durante l'intervista, Bellomo ha parlato del suo ritorno a Bari, della sua evoluzione sul campo e della sua grande stima per Massimo Taibi, definito un uomo raro nel calcio. Ha anche riflettuto sulla sua maturità e sul futuro, che oggi è focalizzato sulla sua famiglia e sulla sua carriera.

Nicola, è l'esempio di chi cresce giocando per strada, con il pallone sempre tra i piedi. Ancora oggi vive i vicoli di Bari come quando era giovane. Cosa ne pensa?

Orgoglio, perché sono nato per strada, nel senso calcistico. Ho fatto tutta la trafila qui, a Bari, nella squadra della mia città. Poi, vabbè, ho girovagato un bel po', ma sono tornato. Oggi sento ancora come se vivessi un’altra giovinezza, anche se ormai sono più grande e devo vedere le cose in un altro modo rispetto a quando ero più giovane. Per me, è come se fossi tornato bambino. La sua carriera è iniziata con il botto, con quel gol contro l'Inter, poi con il Torino in Serie A. Come ha vissuto quel periodo iniziale della sua carriera e cosa ti ha insegnato quell’esperienza? Diciamo che è stato il periodo più alto della mia carriera, perché arrivare in Serie A non è da tutti. Significa che qualcosa di buono l'ho fatto. Poi il problema è rimanere, perché la Serie A ti insegna tanto, soprattutto in un club prestigioso come il Torino. Mi ha insegnato tanto a livello calcistico, ma anche a livello strutturale e di mentalità. È stata un’esperienza breve, ma fantastica. La chiusura con il gol in Serie A è il sogno di ogni bambino. E poi, segnare contro l'Inter, la squadra che seguivo da bambino, è stato come vivere un sogno, vedere un film. Tutto perfetto. Ancora oggi, quando lo riguardo, mi emoziono. Ricordo un titolo della Gazzetta dello sport “Bellomo, ma quanto sembri Cassano”.

Cosa pensa di questo paragone?

Cassano è cresciuto nei miei stessi quartieri, è sempre stato uno di noi, un talento straordinario che è arrivato al Real Madrid, ma non quello di oggi, bensì quello dei Galacticos. Arrivare lì significa aver fatto qualcosa di eccezionale. Essere paragonato a lui mi fa piacere, ma va detto che il paragone è più legato al nostro quartiere, perché, dopo Cassano, io sono stato il prossimo a essere nominato. Detto questo, se parliamo di talento, lui è su un altro livello. Mi fa piacere il paragone, ma è innegabile che lui abbia raggiunto traguardi molto più grandi dei miei. A livello di mentalità, però, posso dire di essere più tranquillo di lui, anche se capisco che Cassano abbia dovuto affrontare le conseguenze di alcune sue scelte. Mi dispiace per lui, perché avrebbe potuto vincere moltissimo. È stato il primo acquisto dell’era Gallo a Reggio Calabria. Quando arrivò, ci fu tanto fermento nella piazza.

Come ha vissuto quel periodo sul campo e quali ricordi porta nel cuore?

Onestamente, quando penso a Reggio Calabria, mi vengono in mente solo ricordi positivi. In tutte le esperienze che ho avuto, quella è stata l’unica città, l’unica squadra, l’unico ambiente dove mi sono sentito davvero a casa. Mi hanno fatto sentire a casa dal primo giorno. Quando penso che me ne sono andato, mi dispiace tanto, perché mi trovavo benissimo in tutti i sensi. Con la mia famiglia, mia moglie e i bambini. Anche quando penso ai tifosi, mi emoziono. A volte mi manca quella città, i tifosi, tutto. È come Bari, come il mio quartiere. Quando stai così bene in un posto, ne puoi parlare solo bene. E credimi, mi vengono i brividi anche solo a parlarne. È una seconda casa per me. Se dovessi andare via per un weekend, mi tornerebbe in mente solo Reggio. Lì ho vissuto tutto: dagli amici, al campo, alla città. È casa mia.

La sua carriera è stata segnata da una grande versatilità. Come si sente nel ruolo di "vecchio numero 10" nel calcio di oggi?

Nel calcio, sono partito come trequartista, il classico numero 10, il giocatore che fa l'ultimo passaggio. Poi, man mano che sono cresciuto, il ruolo del trequartista è andato via via scomparendo. Così sono diventato mezzala, anche davanti alla difesa. Per me è stato tutto naturale, perché quando c'è qualità e voglia di giocare, puoi adattarti a qualsiasi ruolo. Quest’anno, per esempio, è stata la ciliegina sulla torta: non giocavo da un po', mancava l'attaccante e alla fine mi sono adattato. La bellezza di un calciatore è anche questa: essere pronti a giocare in qualsiasi posizione e dare sempre il massimo.

Ha dimostrato una grande maturità nei momenti più importanti della sua vita. Quanto hanno influenzato la sua carriera e la sua vita i giudizi sulla sua persona, sia passati che più recenti?

È normale che ci sia sempre un po' di brusio, la gente parla, ma io dico sempre di avere la coscienza pulita. Sono sempre andato avanti a testa alta, sia quando parlavano bene che quando parlavano male. Perché se si parla di te, vuol dire che qualcosa hai fatto. La vita è così, non solo nel calcio, ma anche fuori.

Il 26 febbraio 2020 si giocò il derby Catanzaro-Reggina, che si concluse 1-0 con il gol di Rivas. All'andata, invece, quel celebre assist per Corazza. Quanto sono stati speciali per lei quei momenti?

Quei momenti rimarranno sempre nel cuore. Vincere sia all'andata che al ritorno un derby così sentito a Reggio è qualcosa di straordinario, soprattutto con la spinta incredibile del pubblico e lo stadio strapieno nella partita di casa. È difficile esprimere a parole l'emozione che si prova, ma sono istanti che ti restano dentro per sempre. Raccontarlo oggi mi fa rivivere quelle sensazioni uniche.

Dopo una stagione difficile, oggi sta trovando il suo spazio a Bari. A 34 anni, è ancora al top della forma. Come commenta questa fase della sua vita?

Con la voglia, la qualità e il giusto atteggiamento, alla lunga i risultati arrivano. Ho sempre lavorato sodo. Quando ho avuto la possibilità, mi sono fatto trovare pronto, come contro il Brescia, quando ho giocato punta centrale, un ruolo che non era il mio. Poi, finalmente, le cose sono cambiate. Ora posso dire che ho ripreso quello che mi era stato tolto in passato. Sono fiero del percorso che ho fatto e alcune persone si sono ricredute su di me. È bello vincere queste sfide.

La Curva Sud di Reggio Calabria è il cuore pulsante della tifoseria per ogni calciatore. Che emozioni prova quando pensa a quella passione sfrenata?

È stato tutto incredibile. Ricordo le coreografie contro la Ternana, il Catanzaro. Momenti che difficilmente andranno via. Quando uno sta bene in un posto, può parlare solo bene di quel posto. La Curva Sud è un qualcosa che rimarrà sempre nel mio cuore.

Bari oggi e Reggio ieri. Due città distanti, ma con un gemellaggio storico molto forte. Che pensiero ha su questo legame, considerando che ha giocato in entrambe le città?

È stato un piacere giocare in entrambe le piazze. A Reggio mi sono sentito a casa, come se stessi giocando per la mia città, anche grazie al forte legame che c'è tra le due città, alimentato dal gemellaggio. Questo legame ha reso l'esperienza ancora più speciale, creando un filo diretto tra Bari e Reggio che va al di là del calcio, un'amicizia che unisce due realtà che si comprendono e si supportano a vicenda, sia dentro che fuori dal campo.

La Reggina oggi sta vivendo una fase difficile in Serie D. È ancora legato alla sua ex squadra e segue il suo percorso?

Sì, la Reggina è sempre nel mio cuore. La seguo anche in Serie D. Quando gioco, la domenica vado subito a vedere il risultato della Reggina. Quella squadra merita palcoscenici più alti, non può stare in D. Mi dispiace molto per la situazione, ma spero che la Reggina possa risalire presto.

Ha condiviso tanti anni di carriera con un grande amico ed ex capitano della Reggina, Loiacono. Come descrivereste il vostro rapporto dentro e fuori dal campo?

Con Beppe siamo come fratelli. Abbiamo fatto tutto il settore giovanile insieme a Bari, poi ognuno ha preso la sua strada, ma ci siamo ritrovati a Reggio, dove abbiamo vissuto insieme dei momenti fantastici, come vincere il campionato. Anche se non abbiamo potuto festeggiare al meglio per via del Covid, quei giorni sono indimenticabili. Siamo sempre amici stretti e ci sentiamo ancora oggi. Abbiamo condiviso tantissimo, sia dentro che fuori dal campo.

Oggi è un calciatore, ma anche un uomo, padre e imprenditore. Come vede il suo futuro dopo il calcio?

Oggi sto bene fisicamente, anche se l’età avanza. Ma nel calcio di oggi, 34 anni sono ancora tanti, e l’esperienza e la qualità contano sempre. Voglio ancora giocare, ma penso anche al futuro della mia famiglia. Mi preoccupo del domani, per i miei figli e per ciò che voglio fare fuori dal calcio. Se un giorno non giocherò più, voglio continuare a fare qualcosa che mi faccia stare bene e che possa dare qualcosa alla mia famiglia. Mio figlio, poi, sta imparando tanto a giocare, e mi piace vederlo crescere. Magari un giorno sarà lui a giocare, ma per ora, si diverte e io lo supporto. La chiamata del Bari è stata una scelta di vita.

Può parlarci di questa decisione?

Sì, ho fatto una scelta di vita. Non sarei mai andato via da Reggio, ma quando è arrivata la chiamata del Bari a 30 anni, ho capito che era il momento giusto per tornare a casa. Reggio resterà sempre nel mio cuore e la gratitudine che provo per quella città non finirà mai. Lì ho avuto un rapporto speciale con un uomo di grande spessore, che ha lasciato un segno indelebile nella storia della Reggina: Massimo Taibi. Un uomo straordinario, un vero leader, che ha fatto la differenza come direttore e soprattutto come persona, grazie alla sua visione e al suo amore incondizionato per quella maglia. La sua dedizione è qualcosa di raro e per me è stato un onore vivere quell’esperienza al suo fianco. Ho una stima immensa per lui e riconosco la sua grandezza, non solo come professionista, ma anche come uomo. Ora sono qui a Bari. Mi piace stare qui, con la mia famiglia e le mie attività. Per me, Bari è casa, e chiuderò la mia carriera qui.

Nicola Bellomo è un calciatore che ha vissuto diverse vite calcistiche, passando dalle strade di Bari alla Serie A, fino a trovare a Reggio Calabria la sua seconda casa. La vittoria del campionato di Serie C con la Reggina, insieme ai ricordi di un legame indissolubile con la città e i tifosi, rimarranno per sempre nella sua memoria. La sua versatilità e la capacità di adattarsi a ruoli diversi sono un testamento alla sua maturità e al suo spirito di sacrificio. Non solo un calciatore, ma anche un uomo che ha imparato a guardare al futuro con consapevolezza e responsabilità, Bellomo continua a essere legato ai luoghi che gli hanno dato tanto, ma non dimentica mai di guardare avanti per il bene della sua famiglia e della sua carriera. La sua storia è quella di un uomo che ha saputo crescere, imparare e restituire tanto al calcio e alla sua città, in un continuo bilanciamento tra passione, dedizione e umiltà.