Ventinove titoli in trentuno anni. Se il dibattito sul Silvio Berlusconi politico e imprenditore può essere animato dalle controversie che hanno contraddistinto la vita del Cavaliere, differente e molto più oggettivo è invece qualsiasi discorso inerente la materia calcistica. Un percorso dorato, capace di incrementarne la popolarità e l’influenza, ergendola a grande anche nella materia sportiva.

Sulle rive dei Navigli

Il suo palmares, del resto, la dice lunghissima. Dopo aver tentato di acquisire, invano, l’Inter, un ancora giovane Berlusconi non si arrende. L’opportunità diventa la squadra che annaspa sull’altra sponda del Naviglio, quel Milan mai così vicino al baratro in tutta la sua storia. Un destino che cambia per i rossoneri, che il Cav decide subito di indirizzare: «Diventeremo la squadra più forte del Mondo». Certo, la parabola berlusconiana è in ascesa, ma un mondo sportivo che ancora disconosce le dinamiche odierne qatariote si trova a fare i conti con un magnate innamorato, contraddistinto da un’ambizione quasi irrazionale.

Con lui al timone il Milan, sul tetto del mondo, ci arriva davvero. Gli scudetti, l’epoca Sacchi, epoca Capello, gli olandesi. La rossonera marea berlusconiana travolge il mondo del calcio nazionale prima, europeo poi, mondiale infine. Il Diavolo vince tutto, segna nuove tendenze, logora chi si trova ad affrontarlo. I campioni sognano una telefonata di Berlusconi, che impone la società all’epoca di via Turati come status. Da Maldini a Baresi, da Van Basten a Shevchenko, da Kakà a Inzaghi, che ieri l’ha ricordato con un post carico di affetto e commozione.

Per Berlusconi il Milan diventa un figlio, una creatura da preservare e migliorare di giorno in giorno. La affida ad Adriano Galliani, scudiero calcistico di una vita, ma resta sempre presente: si interessa di mercato, non manca mai nelle occasioni importanti, chiede ai suoi allenatori di privilegiare il “bel giuoco” sopra ogni cosa. L’epoca d’oro gli restituisce 8 scudetti, una Coppa Italia, 7 Supercoppe italiane, 5 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali e un Mondiale per club FIFA, prima di un accenno di declino, in un mondo calcistico sempre meno berlusconiano, che lo spinge a cedere il club.

Il ritorno col Monza

A Silvio, però, il cuore duole per l’uscita dal mondo del pallone. La valvola di sfogo diventa allora una realtà meno dimensionata del Milan, ma comunque a un passo da casa: il Monza. I brianzoli navigano nelle torbide acque della Serie C, che Berlusconi immediatamente trasforma: doppia promozione, biancorossi in A per la prima volta nella storia. Nella prima annata in massima divisione, il risultato è logicamente straordinario, con una realtà che si dimostra subito all’altezza.

Eredità

La sua scomparsa lascia un vuoto anche nel mondo dello sport, come testimoniato dalle decine messaggi di club e sportivi: dal Real Madrid ai campioni, avversari compresi, con cui ha avuto a che fare in quello che è destinato a essere un percorso senza eguali.