Una situazione inattesa, imprevista, inimmaginabile fino a un mese addietro. Dopo la rivisitazione della rosa e un andamento da play off, in casa Soriano si è spenta la luce e, in base agli ultimi risultati, la squadra è tornata a rischio play out. Il ko di domenica scorsa in “casa” a Rosarno contro lo Scalea, per 1-4, con quattro reti subite tutte nel primo tempo, ha fatto suonare il campanello d’allarme ed ha spinto il tecnico Umberto Scorrano a rassegnare le proprie dimissioni. Il tecnico ha inteso dare una scossa, perché pure lui si aspettava ben altre risposte dalla squadra, soprattutto dopo una settimana nella quale era stato assente qualche giorno per un grave lutto familiare.

Dimissioni respinte

«Il sottoscritto e la società hanno immediatamente respinto le dimissioni di Umberto Scorrano – dice il direttore generale Mimmo Varrà – anche perché non gli addebitiamo alcuna responsabilità. È un professionista serio. Era e rimane il nostro allenatore». Da qui la dura reprimenda verso i calciatori: «Non gli abbiamo mai fatto mancare nulla: ogni cosa che è stata chiesta, è stata fatta, ma al contrario, quando abbiamo chiesto qualcosa noi, ecco il risultato. «Domenica scorsa lo Scalea ha vinto con merito – aggiunge Varrà – anche se sullo zero a zero c’era un rigore netto per noi e sul proseguo dell’azione abbiamo preso il primo gol. Ma non cerco alibi: l’arbitro è stato esemplare e noi invece ci siamo persi strada facendo».

Una prova mediocre

«È stata offerta una prestazione indecorosa e mi dispiace soprattutto nei confronti del pubblico che ci ha seguito numeroso. Anzi, in tanti anni che faccio calcio, non ho mai visto una tifoseria che ha sostenuto la propria squadra fino alla fine pur essendo sotto di quattro gol». Un gesto che ha suscitato l’ammirazione di Varrà, al quale però si affianca il dispiacere per una sconfitta inattesa nella forma e nella sostanza «anche perché, pur ribadendo i meriti dei nostri avversari, abbiamo contributo fortemente noi alle loro marcature».

Prova di orgoglio

«Alcune cose hanno fatto male veramente – dice ancora il dg rossoblù – perché il nostro allenatore veniva da una settimana difficile e si doveva giocare anche per lui. Il sottoscritto da inizio anno ha fatto sessantamila chilometri pur di essere sempre presente e a loro vicino. E poi c’è una dirigenza, già mortificata dal fatto di non poter giocare nel proprio stadio, che si meritava ben altra prova, anche per trovare stimoli e soddisfazioni nel proseguire la sua avventura alla guida del Soriano. Così facendo è difficile conservare la passione. Una società, per la cronaca, che nulla ha fatto mancare ai calciatori. Una società, aggiungo, fra le migliori nelle quali abbia lavorato, per i rapporti che si sono creati e per i sacrifici sostenuti dai dirigenti».

Superficialità

Al direttore generale del Soriano chiediamo cosa è potuto cambiare all’interno di un gruppo che, fino a poche giornate addietro, sembrava potesse aspirare addirittura ai play off. Ecco la sua risposta: «Probabilmente qualcuno si è sentito arrivato. Forse sono finiti gli stimoli. Evidentemente si è pensato che la stagione fosse finita. Ma io mi domando e dico: i calciatori più esperti, quelli che dovrebbero vigilare all’interno del gruppo, quelli ai quali abbiamo dato fiducia, che cosa hanno fatto? Non vedo unità. Sento parlare di “gruppo” ma credo che in molti non abbiano idea di cosa significhi questa parola. Si fa gruppo se si arriva all’allenamento mezzora prima e non all’ultimo minuto. È una questione di mentalità e di professionalità. Se si vuole giocare in Eccellenza, allora bisogna gestirsi in ben altra maniera. Le scuse al pubblico? Bisogna meritarsele. E bisogna avere il coraggio di andare davanti ai tifosi a fine gara, anche quando si perde e si offre una prestazione indecorosa».

Il futuro

Ci sono tre partite dalle quali ottenere il massimo per salvarsi «ed io non oso neppure immaginare che il Soriano non possa farcela – dice Varrà – per cui dovremo rialzarci subito. A me dispiacere vedere questa squadra offrire una prova simile in un momento in cui era lecito attendersi altre risposte. Fino a poco tempo addietro tutti ci facevano i complimenti. Questi ragazzi li ho scelti e voluti io e non è possibile che all’improvviso siano diventati dei brocchi. Li ho tutelati e li ho sempre difesi. Adesso, però, pretendo delle risposte, ma non a parole. Il tempo delle chiacchiere, dei proclami, dei buoni propositi è finito. Adesso è arrivato il momento dei fatti. Li attendo, fiducioso».