Il Guardian ha intervistato l’ex calciatore, oggi allenatore, partito dalla provincia di Reggio: «Mia madre ha cresciuto sei ragazzi da sola, vendendo olio»
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Benny Carbone è uno dei tanti calabresi emigrati in cerca di migliori fortune. Nato a Bagnara, iniziò a giocare nell’A.S.D. Scilla Calcio, venendo notato dagli scout del Torino a un torneo giovanile.
Da lì l’inizio di un lunghissimo percorso, che lo ha portato a vestire tante maglie prestigiose: fra le altre Inter, Roma, Napoli e le britanniche Aston Villa, Middlesbrough e Sheffield Wednesday. Oggi Carbone è un allenatore, attualmente svincolato dopo la collaborazione con Gianni De Biasi con la panchina della Nazionale dell’Azerbaigian.
L'intervista al Guardian
«Ho giocato con il numero 10 sulla schiena per la squadra per cui tifava la mia famiglia, l’Inter, una delle migliori in Europa, forse nel mondo» ha raccontato al Guardian, celebre giornale sportivo inglese. «Avevo 24 anni con un contratto di quattro anni. Sei mesi dopo, Hodgson se ne andò e arrivò Simoni. Con lui Ronaldo. Avrei dovuto aspettare. Quando me ne sono andato, ho perso la possibilità di andare in Nazionale».
«Partito dalla strada»
Benny Carbone ha poi spaziato dall’ambito professionale, dal campo, al percorso di vita fatto, partito dalla punta dello Stretto: «Vengo dalla strada. Sono diventato ricco, ma non sono mai cambiato. Nessuno può dire il contrario. Ho perso mio padre quando avevo quattro anni. Mia madre ha cresciuto sei ragazzi da sola, vendendo olio d’oliva. Dopo 12 ore di lavoro, faceva un secondo lavoro, e poi tornava a casa e cucinare per noi. Siamo stati così fortunati come giocatori ad avere il miglior lavoro del mondo. Ma il lavoro non può cambiare chi sei. Resto un essere umano».