All’ombra della Sila la tifoseria è snervata dalle vicende societarie e dal grottesco dietrofront sul costo dei biglietti. Nel capoluogo l’appeal di Noto è più elevato di quello di Guarascio in terra bruzia. I giallorossi sognano un altro blitz, ma Alvini non è l’ultimo arrivato
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Ma che derby è questo dove non ci sarà nessun pienone e il settore destinato ai supporter del Catanzaro resterà vacante? Dieci mesi fa il Marulla di Cosenza era talmente pieno che perfino i portoghesi trovarono difficoltà ad entrare gratis e scorgere un seggiolino libero. Colpa degli scontri che funestarono il post-partita, ha obiettato qualcuno nei giorni scorsi. Baggianate. Come il solito refrain che ci siamo dovuti sorbire anche stavolta da politici e super esperti, secondo cui le due tifoserie dovrebbero imparare a convivere e a stare insieme alla partita. Sì, tutto bellissimo. In un mondo ideale però.
Questo passerà alla storia come il derby dei due presidenti: Eugenio Guarascio e Floriano Noto. L’aspetto sportivo, paradossalmente, interesserà fino ad un certo punto. Sponda rossoblù, Cosenza-Catanzaro è stata avvelenata a monte da una serie di inspiegabili decisioni societarie e dalle dimissioni di Beppe Ursino. Se qualcosa poteva andare storto, è andato peggio. Dopo un periodo silente, più o meno di pacifica convivenza, la città è tornata a contestare il patron. A differenza del passato, quando rumorosi cortei attraversarono il centro città, il sentimento che prevale è di totale sconforto. E la causa va ricercata tra i vertici del club, non nei risultati provenienti dal rettangolo verde. Oggi l’unico appiglio di normalità viene dato da un allenatore, Massimiliano Alvini, e da una squadra che fa ciò che può. Il massimo, il che è tutto dire.
Il mondo reale che fagocita quello ideale di cui sopra, ha tramandato un adrenalinico sentimento di rivalità, motore stesso di 90 minuti attesi due volte all’anno come il Natale trascorso ieri. Del resto, sacro e profano in questo piccolo angolo di Calabria si mischiano in una liturgia laica che ricorda quella domenicale dei fedeli. Una funzione, la partita, dove i ritmi sono scanditi da immagini sacre, vessilli gelosamente custoditi e perfino da canti che accompagno il credente, o il tifoso, verso quella comunione chiamata gol. Il copione è lo stesso da sempre: i benpensanti se ne facciano una ragione. Il calcio, il derby, sarà sempre della gente. Anche se in tutti i modi si prova a tenerla distante.
La grottesca vicenda dei biglietti di curva portati a 30 euro per un paio di ore, prima di un imbarazzante dietrofront, è solo l’ultimo episodio che ha snervato il popolo dei Lupi. La percezione è che si stia man mano toccando il fondo. Ma non della classifica o di qualche esotico gruppo mediorientale, bensì nel senso stretto del termine. Il clima che accompagna per mano Cosenza al derby è questo: gelido come la neve caduta fino alle porte della città.
Sponda giallorossa, Floriano Noto è il classico profeta in patria. Se un giorno gli balenasse l’idea di seguire un match delle Aquile in mezzo ai supporter più integralisti, quelli duri e puri, gli verrebbero stesi tappeti rossi. Incarna la passione del suo pubblico, ne alimenta sogni e speranze e, come nel caso Vivarini, pone al centro dell’universo il Catanzaro. Trasmette sensazioni differenti, insomma, con i fatti. Tutti, nel capoluogo, hanno la percezione di essere in buone mani e che, prima o poi, sdoganerà la prospettiva più agognata: puntare alla Serie A.
Fabio Caserta, grande ex della partita, arriva oggettivamente meglio alla supersfida che, sulla panchina dei Lupi, nello scorso campionato perse male all’andata e al ritorno. Avanti con gli scongiuri, da una parte e dell’altra. Il tecnico pare aver trovato la quadra: le due vittorie consecutive hanno completato la trasformazione di un brutto anatroccolo in cigno, andato immeritatamente al tappeto con lo Spezia. L’abbraccio con Iemmello, che sogna un altro pomeriggio magico nel catino più ostile che ci sia, ha caricato ulteriormente la piazza.
Massimiliano Alvini ha invece isolato il collettivo dalla tempesta perfetta, che forse gli ha fatto anche gioco. Non si è parlato della partita, ma di biglietti, di Rita Scalise, di Ursino, di un Cosenza senza Guarascio e di come passare la nottata. L’allenatore, che è tutto tranne che fesso, al chiuso del Marulla ha cercato di capitalizzare a suo vantaggio un contesto così pesante. Nella peggiore delle ipotesi, avrebbe un sacrosanto alibi dalla sua.
Comunque sia, Cosenza-Catanzaro non sarà mai qualcosa di normale e lineare. Tra i banchi, in classe, quando scegli da che parte stare, o sei tifoso dei Lupi o delle Aquile. Anche chi è nato nelle province calabresi “neutrali”, non resta certo in mezzo: l’indifferenza non esiste quando rotola un pallone e di fronte ci sono rossoblù e giallorossi. Una volta lasciato quel santuario che è la scuola, ci si porta questi sentimenti sul posto di lavoro dove si manifestano in tutti i modi. In fabbrica, nelle redazioni, nel call center e negli uffici. Buon derby a tutti allora e Santo Natale ai fedeli del pallone. Domani qualcuno pagherà un caffè a chi timbrerà il cartellino col muso lungo.