«È un'emozione grandissima. Quando si arriva alla mia età si vive anche di ricordi e quando i ricordi ti danno queste emozioni significa che c'è stato qualcosa di bello. Dal punto di vista professionale credo che sia stata la cosa più importante per me. Mi dà la possibilità di essere ricordato ancora oggi che sono passati trentotto anni». Risponde così l'ex calciatore del Cosenza Calcio, Alberto Aita, quando gli chiediamo che cosa significhi per lui la data del 6 aprile 1985

È una domanda che si sente ripetere ogni qualvolta in Calabria sta per verificarsi un evento sportivo attesissimo, come quello di domenica prossima: il derby tra il Cosenza e il Catanzaro, due squadre che con la rivalità hanno scritto pagine e pagine di storia di calcio calabrese. Ma torniamo a quel giorno di trentotto anni fa. Era un sabato, la vigilia di Pasqua, e Aita segna il gol della vita, che lo consacrerà come idolo della città e di tutta la provincia di Cosenza: segna il gol che regala alla sua squadra l'ultima vittoria in casa contro le aquile del Catanzaro.

Chi Alberto Aita

Alberto Aita nasce a Cetraro il 15 gennaio 1960. Comincia a giocare a calcio giovanissimo, arrivando a militare in serie B. Al Cosenza arriva nel 1978, quando la squadra è ancora nel campionato semiprofessionistico di serie D, e vi rimane fino al 1985, fatta eccezione per l'anno 1983, durante il quale veste la maglia del Pescara. Nei sette anni in cui indossa la divisa rossoblù, Aita gioca al fianco di altre leggende del calcio calabrese, come Gigi Marulla, a cui molti anni dopo verrà intitolato lo stadio, e Donato Bergamini, per tutti Denis, passato alla storia non soltanto per le gesta sportive.

L'ex ragazzo prodigio morì a soli 27 anni, nel 1989, in circostanze misteriose ancora oggi al vaglio degli inquirenti e i suoi ex compagni di squadra, insieme alla tifoseria dei Lupi, non hanno mai smesso di chiedere verità, tanto che 2017 la società di via degli Stadi ritira la maglia numero 8 per sostenere i famigliari dell'ex centrocampista, impegnati in una lunga battaglia giudiziaria volta a fare luce sulla tragica scomparsa. Aita ne conserva un dolce ricordo.

«Bergamini è stato un ragazzo eccezionale. A parte le doti tecniche, aveva una grande umanità. Ha lasciato un grande ricordo in tutti noi, è stato veramente un peccato perderlo. Viene ricordato con grande affetto da tutti». Oggi Aita allena la squadra di calcio Digiesse Praia Tortora, che nel campionato scorso, sotto la sua direzione, ha stravinto il campionato di Promozione e oggi milita in quello di Eccellenza.

"Soltanto" trentotto anni

Il ricordo di quel giorno, quel sabato 6 aprile 1985, non si è ancora sbiadito. Il mito di Aita, ribattezzato "re del derby" è più vivo che mai. «L'ultimo episodio è stato domenica scorsa - dice mister Aita, con gli occhi lucidi -. Siamo andati a giocare fuori casa e al ristorante mi ha riconosciuto un tifoso. Si è avvicinato, emozionatissimo, solo per raccontarmi come si era svolta l'azione del mio gol. Ricordava più particolari di me». Quel giorno per i tifosi diventò indimenticabile per tanti motivi. Lo stadio San Vito era una bolgia infernale. I padroni di casa, guidati da Vincenzo Montefusco, furono sostenuti da una scenografia da far invidia al resto d'Italia: gli ultrà della curva B, capitanati da un giovane Piero Romeo, sventolarono oltre milleduecento metri di stoffa rossoblù, cucita con materiali fatti arrivare appositamente da Firenze per gridare tutto l'amore per la città e per quei ragazzi in pantaloncini corti che cercavano di riscattarla. L'agonia dei Lupi durò 38 minuti.

L'allora 25enne Alberto Aita calciò il pallone in porta con tutta la forza che aveva in corpo, anche se usò il piede sinistro, e innanzi a quella fame di vittoria il portiere avversario non poté nulla. Il Cosenza passò in vantaggio. Un boato squarciò il cielo e fece tremare lo stadio al pari di una scossa tellurica. Sotto l'immensa bandiera rossoblù i tifosi si abbracciarono e piansero lacrime di gioia, non sapendo ancora di essere appena stati testimoni di una delle più belle pagine del calcio calabrese. Quel giorno il match finì così, 1-0 per il Cosenza, che guadagnò l'ultima vittoria in casa contro il Catanzaro.

Sale la febbre da derby

Domenica prossima le due squadre si sfideranno al Ceravolo di Catanzaro per la venticinquesima volta. Aita non sbilancia in pronostici, ma fa il tifo sfegatato per i Lupi e spera che, al netto dei freddi numeri e delle statistiche sfavorevoli, i ragazzi di mister Fabio Caserta compiano l'impresa di battere i giallorossi in casa loro. E per quanto riguarda il suo record personale, ha le idee chiarissime: dopo trentotto anni è tempo di cedere lo scettro. «Nella gara di ritorno - dice - sperò che questo tabù venga infranto. Spero che a farlo sia qualche giovane, faccio un nome così, a caso, Tutino, a prendere il mio posto. I tifosi lo meritano, aspettano questo giorno da troppo tempo». E gli occhi tornano lucidi.