Piè Petruzza, 22 anni, si è trasferito a Milano dove ha immediatamente trovato lavoro in una catena di negozi di articoli sportivi e ha firmato un contratto per giocare in Serie A con una squadra svizzera. Prima di partire ha tentato invano di convincere il Comune di Catanzaro a promuovere un progetto per la pallacanestro paralimpica
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«Non sono andato via con la valigia di cartone in cerca di fortuna, ma per inseguire il mio sogno: continuare a giocare a basket da professionista».
Pietro, per tutti Piè, Petruzza, di Caraffa nel Catanzarese, ha 22 e da sempre è inchiodato su una sedia a rotelle a causa di una malformazione congenita delle vertebre. Una condizione che per lui è assoluta normalità e non gli ha mai impedito di vivere la sua vita, diventando una promessa del basket paralimpico.
Le uniche vere difficoltà le ha incontrate rimbalzando sul muro di gomma delle istituzioni e sulla scarsa attenzione che il Comune di Catanzaro sembra riservare allo sport per i disabili. «Al sindaco Sergio Abramo - racconta -, avevo presentato un progetto dettagliato per la costituzione di una squadra di basket in carrozzella, ma non ho mai avuto risposta. Eppure le strutture ci sono. Trovo incredibile che il capoluogo di regione si disinteressi di queste tematiche e non valorizzi atleti che hanno raggiunto importanti traguardi sportivi. Sembra che esista solo il calcio da sostenere e aiutare, anche se spesso è fonte di grande delusione per i tifosi».
Così, per diversi anni, è stato costretto ad allenarsi e giocare a Reggio Calabria, dove invece sono due le squadre di basket su carrozzella. Con il team reggino, nel 2017, è arrivato alla serie A, ma poi il campionato non lo hanno disputato. «Avevamo pochi sponsor e troppe spese per militare nella massima divisione - spiega -, così abbiamo dovuto rinunciare. Un vero peccato. Spesso in questa regione si fanno troppe chiacchiere e pochi fatti. Anche famosi imprenditori che esortano i giovani a restare in Calabria poi, al dunque, non ti danno una mano anche se gliela chiedi».
Opportunità ridotte al lumicino che lo hanno spinto, nel febbraio scorso, ad andare via, trasferendosi a Segrate.
«Appena arrivato a Milano - racconta - ho mandato il mio curriculum a una famosa catena di negozi di articoli sportivi, dove esiste un reparto dedicato alle attrezzature per i paratleti. Mi hanno preso subito con contratto a termine e ora lavoro lì. In Calabria, invece, dopo il diploma in ragioneria avrò mandato centinaia di curricula, ma i riscontri sono stati pochissimi». Tra questi un call center, che lo assunse con contratto a progetto. «A un certo punto - ricorda con amarezza - mi dissero che c’era la possibilità di avere un contratto a tempo determinato, ma avrei dovuto prima dimettermi, terminando anticipatamente quello a progetto. Lo feci ma non mi chiamarono più».
Altra musica in Lombardia, dove anche trovare una nuova squadra di basket non è stato difficile. «Ho avuto diverse proposte - continua Piè - e alla fine ho firmato il contratto con una squadra svizzera, quella dei Ticino Bulls, che milita in Serie A. Non posso immaginare il mio futuro senza lo sport, ecco perché sono felice della scelta che ho fatto».
Il giovane atleta, dunque, è andato via senza grandi rimpianti, lasciandosi alle spalle una parte della famiglia ma potendo contare sulla presenza a Milano del fratello, direttore di un ristorante molto noto tra i vip della capitale meneghina.
«In Calabria ci tornerò per le vacanze - conclude - ma lavorare e vivere qui è un'altra cosa. Anche spostarsi non è un problema e una persona in carrozzella può andare ovunque con i mezzi pubblici». Sembra poco, ma se sei su una sedia a rotelle da quando sei bambino può essere tutto.
Enrico De Girolamo