Il patron della Fiorentina prende posizione contro l'atteggiamento di alcuni tifosi viola: «Attaccare i meridionali è attaccare me»
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Il razzismo, un tema che ha sempre tenuto banco nel calcio, foraggiato dagli atteggiamenti di alcuni ultras mai sufficientemente stigmatizzati dagli addetti ai lavori. A contribuire alla lotta nei confronti di questa forma becera di tifo arriva oggi il contributo di uno dei calabresi più in vista in questa calda estate climatica e calcistica: Rocco Commisso, patron italo-americano della Fiorentina, emigrato da Marina di Gioiosa Jonica più di cinquanta anni fa negli Stati Uniti e oggi considerato tra gli uomini più ricchi del mondo.
In un’intervista al Corriere dello sport, l’imprenditore calabrese ha tuonato contro i cori partiti dalla curva dell’Artemio Franchi e che settimanalmente si ascoltano in quasi tutti gli stadi: «Che cosa pensa dei cori sull’Heysel?», ha chiesto l’intervistatore in riferimento agli insulti verso le vittime della tragedia che nel 1985 colpì i tifosi juventini. «Non voglio più sentirli né sull’Heysel né su Scirea – ha replicato Commisso -. Si va contro i miei principi. E non voglio più neanche quelli contro il Sud. Io sono calabrese, Joe Barone è siciliano, Montella è napoletano, attaccare i meridionali è attaccare noi. Non so chi abbia fatto quei cori, non li conosco, ma non voglio più sentirli. Ai leader della Fiesole dico: controllate i pochi che lanciano quelle urla. La Fiorentina è di tutti, mia, dei tifosi e della Fiesole. Quei cori e la violenza no», ha concluso Commisso.