Dopo una carriera da calciatore in cui ha vinto tutto, per Rino Gattuso arriva anche il primo trofeo da allenatore. Il Napoli, guidato dal tecnico di Schiavonea, ha superato ieri sera 4 a 2 ai calci di rigore la Juventus in uno stadio Olimpico vuoto per le norme anti Covid, e ha riportato la Coppa Italia ai piedi del Vesuvio dopo sei anni.

Il dolore per la morte della sorella

Nella vittoria degli azzurri c’è molto di Ringhio, del suo carattere sanguigno e combattivo che incarna alla perfezione il popolo calabrese: la squadra sembrava smarrita dopo l’esonero di Ancelotti nel dicembre scorso, ma Rino ne ha raccolti i cocci ed è riuscito a motivare l’intero gruppo fino alla vittoria finale, nonostante la tragedia che lo ha colpito il 2 giugno scorso, quando è morta la sorella Francesca dopo un lungo ricovero per una malattia di cui soffriva da tempo.

Le parole di Gattuso

Gattuso aveva dedicato a lei la vittoria in semifinale contro l’Inter, e ieri, a fine partita, è ritornato sulla tragedia che lo ha colpito: «A me la vita, il calcio, ha dato di più di quello che ho dato io – ha commentato a caldo -. Quando succede quello che è successo a me non va bene, non lo digerisci non lo accetti. Io faccio questo lavoro con grande passione, mi ha dato tanto e so che non posso mollare di una virgola. La nostra forza è il senso d'appartenenza? Chi fa questo lavoro deve avere rispetto per questo lavoro. È per questo che tante volte mi arrabbio. Io voglio vedere chi ci mette passione perché io ho sempre fatto così. Dai miei calciatori voglio senso d'appartenenza, rispetto e quando si lavora lo si fa con grande serenità. Quando fai le cose bene, raccogli tutto ciò che semini». E Rino ha iniziato a raccogliere soprattutto l’amore di una città e di un popolo, quello partenopeo, che lo ha accolto sin dall’inizio con grande calore.