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“Terra inquieta è l’immagine, la terra, l’antropologia di un’area geografica la cui inquietudine è legata alla geologia, all’ambiente, ad una storia di catastrofi, a vicende di passaggi di emigrazione ed immigrazioni. Tutto questo ha contribuito a determinare una sorta di erranza delle popolazioni che va vista in relazione anche alla
stanzialità e al radicamento “. Vito Teti, docente di antropologia presso l’Unical, parla così della sua ultima fatica letteraria “Terra inquieta. Per un’antropologia dell’erranza meridionale”, edita Rubbettino. Lo studioso, ospite del TF Leggere&Scrivere racconta di Calabrie mobili che crollano. Ma anche di uomini che sognano l’America, di giovani laureati che partono alla ricerca di un lavoro, di gente che resta, tentando di salvare l’insalvabile. E proprio in questo vagare di spazi, l’autore di “Maledetto Sud” raccoglie le storie dei singoli, testimonianze preziose di una Calabria priva di stabilità, dalla terra franosa fino alla gente, errante, raminga, desiderosa di un futuro migliore. Spopolamento dei paesi, malinconie paralizzanti, cibo come strumento identificativo di una regione; Teti con i suoi saggi tratteggia l’esigenza di punti stabili di riferimento. Questa volta, però, si trova dinnanzi ad una platea composta in larga parte di studenti ,in un incontro moderato dalla docente Anna Melecrinis. Un registro stilistico immediato, lineare, per arrivare all’uditorio in modo diretto: “Ho cercato di evitare parole difficili, che trovo inutili - spiega – per entrare nella voglia di capire dei giovani”. Concetti frutto di ricerche attente e di rigore intellettuale vengono comunque proposti, così come la distinzione tra fonte della memoria e fonte dell’oblio, l’esigenza di elaborare i lutti per non rimanere ancorati al passato, il bisogno di coniugare tradizione e modernità: “Le generazioni in formazione hanno tutti gli strumenti per approfondire le tematiche trattate nel libro, sostenuti dai loro docenti che svolgono sempre un lavoro encomiabile” la chiosa dell’autore.