Il cantante partenopeo ha richiamato migliaia di fan a Rende, alcuni arrivati anche da Sicilia e Puglia. La soddisfazione degli organizzatori: «È l'artista dell’estate, questo è evidente»
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Qualcuno è arrivato dalla Sicilia, qualcuno dalla Puglia. Il papà è in prima fila con la figlia di tredici anni. «Veniamo da Gallipoli, un lungo viaggio fino a Rende» ci dice cercando di superare con la voce i cori di dietro. Geolier piace anche a lui, ammette alzando le spalle «fa belle canzoni».
Schiacciati alle transenne ci sono quelli che hanno deciso per il sacrificio. Sono lì dalla mattina a presidiare gli ingressi, facendo i turni per prendere da mangiare al bar vicino e per attaccare il cellulare a una presa di corrente. Ma in compenso sono proprio davanti al proprio idolo, con le fasce sulla testa e gli occhi che brillano come il loro apparecchio ai denti.
«Lo amo, lo amo…» ripete come per convincersene di più, una ragazzina di appena dodici anni. Dietro la spingono in avanti, per farla parlare ancora. Ma lei ha già detto tutto e si copre il viso con le mani.
Geolier, il trapper napoletano, ha inaugurato ieri il Settembre rendese da via Rossini, trasformata in un fiume di visi e occhi. A vedere la platea, dal palco, c’è da confondersi perché all’altezza del Seminario, la folla sembra continuare all’infinito.
Sono tantissimi, gli organizzatori parlano di trentamila fan, e appaiono come un corpo solo. «Siamo soddisfatti, Geolier è un artista amatissimo, l’artista dell’estate, questo è evidente» dice dietro le quinte il direttore artistico del Settembre rendese Alfredo De Luca.
Lui, il cantante dei record, arriva con una buona mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia. I fan, il più piccolo di anni ne ha otto, che sul fronte palco non hanno trovato posto, possono consolarsi con la sua entrata scena. Scortato da due auto e da un cordone di forze dell’ordine, Geolier si alza sul predellino del suv nero, sfiora il berretto rosso, saluta brevemente, poi infila il tunnel scuro che lo porta nel retropalco. Niente autografi, niente dichiarazioni. Lo staff lo circonda, qualcuno lo sospinge dentro. Quello che deve dire, il trapper lo dice usando i social, come ha fatto nel caso dell’omicidio del giovanissimo musicista freddato a Napoli per un parcheggio.
Al secolo Emanuele Palumbo, classe 2000, il cantante cresciuto a Secondigliano nei suoi testi non fa niente di diverso dei rapper americani, e divide raccontando di un’ascesa fatta di riscatto sociale e di difficoltà per scalare le vette dorate. Lontanissimi per lui i giorni che spartiva fra la scuola e il lavoro in un negozio di lampadari, ora Emanuele è Geolier, osannato dalle folle e in vetta alle hit, ora è uno che ce l’ha fatta, e da solo, dopo un brano caricato su Youtube.
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