Simone Cristicchi non è un nome nuovo per Sanremo. Ma quest’anno il suo ritorno sul palco dell’Ariston, con Quando sarai piccola, sta sorprendendo tutti. Il brano, che lui stesso descrive come una poesia trasformata in canzone, ha colpito al cuore il pubblico di tutte le età, diventando virale sui social e accumulando quasi 9 milioni di visualizzazioni sull’account Instagram della Rai.

Cristicchi ha appena compiuto 48 anni (festeggiando con l’orchestra del Festival che gli ha dedicato un “tanti auguri a te” durante le prove) e porta con sé un percorso artistico intenso, che lo ha visto spaziare dalla musica al teatro, con spettacoli coraggiosi come Magazzino 18, incentrato sull’esodo istriano del dopoguerra. Un’esperienza che gli è costata tre anni e mezzo di vita sotto scorta, ma che ha contribuito a trasformare quel magazzino reale di Trieste in un luogo della memoria.

Tra riflessioni sulla fragilità, ricordi personali e un toccante duetto con Amara nella serata delle cover, Cristicchi ci racconta il suo Sanremo e molto di più.

L’intervista a Simone Cristicchi

Simone, si aspettava un successo così grande con Quando sarai piccola?
In realtà no. Ci speravo, certo, ma non immaginavo che la canzone potesse coinvolgere un pubblico così vasto, arrivando persino ai più giovani. È un brano intimo, scritto con il cuore, e vedere tante persone che lo condividono e lo ascoltano in silenzio mi emoziona profondamente. Penso che oggi, più che mai, tutti abbiamo bisogno di una carezza. La musica è una forma di cura, e questo brano ne è un esempio perfetto.

Il brano è un dialogo ideale con sua madre Luciana, vittima di un’emorragia cerebrale. Qualcuno potrebbe accusarla di “strumentalizzare il dolore”. Cosa risponde?
Chi pensa una cosa del genere evidentemente non mi conosce. Il tema della fragilità è al centro del mio percorso artistico da sempre. Mi sono sempre occupato di raccontare le storie di chi vive nell’ombra, di chi affronta dolori indicibili ma trova il coraggio di andare avanti. Non c’è nulla di costruito o artificioso in quello che porto sul palco, perché ogni parola nasce dalla mia esperienza personale. Quando sarai piccola è un modo per trasformare il dolore in bellezza.

Parliamo di Magazzino 18. È vero che per quel progetto è stato messo sotto scorta?
Sì, per tre anni e mezzo ho vissuto con la scorta. È stata una decisione della Digos, dopo che alcune minacce da gruppi politici estremisti erano diventate troppo serie per essere ignorate. Contestavano la mia versione degli eventi legati all’esodo istriano, nonostante tutto fosse basato su fatti storicamente riconosciuti. Fare spettacoli con polizia e carabinieri a protezione non è stato semplice, ma sapevo di aver fatto la scelta giusta. Oggi, quel magazzino è diventato un museo della memoria, e questo è il miglior risultato possibile.

A proposito di memoria, oggi sembra sempre più difficile preservarla, soprattutto nell’era dei social. Lei come vive questo rapporto con i nuovi media?
Ho imparato a tenere i social a distanza, soprattutto in momenti delicati come Sanremo. Li ho eliminati dal mio cellulare per tutta la durata del Festival. In passato sono caduto nella trappola di leggere compulsivamente ogni cosa che mi riguardava, ma non porta a nulla di buono. La memoria va preservata nella vita reale, non frammentata e dispersa tra like e commenti.

Stasera canterà La cura di Franco Battiato in duetto con Amara. È una canzone molto simbolica per lei, vero?
Sì, ha un significato speciale. Battiato la cantò qui all’Ariston proprio nell’edizione in cui vinsi con Ti regalerò una rosa. Dopo quel Festival, mi invitò a casa sua in Sicilia e trascorremmo insieme una giornata meravigliosa. Ricordo ogni istante di quel pomeriggio. La nostra versione di La cura sarà molto rispettosa dell’originale, ma anche molto personale.

Sta per uscire anche il suo nuovo disco?
Sì, esce una nuova versione di Dalle tenebre alla luce, con l’aggiunta del brano sanremese. È un progetto a cui tengo molto, perché racconta un viaggio interiore di trasformazione e rinascita.

Se vincesse al Festival, andrebbe all’Eurovision?
(ride) Non ci ho mai pensato seriamente. Fino a pochi giorni fa sembrava un’ipotesi remota, ma mai dire mai. Potrebbe essere un’esperienza divertente e stimolante.

Ivano Michetti dei Cugini di Campagna ha detto che, con quei ricci, lei è ormai il suo sosia.
Ah ah! In realtà, a Sanremo ho incontrato un signore identico a me. Gli ho chiesto se voleva fare tutte le interviste al posto mio. Magari avrei avuto un po’ di tempo per godermi il Festival in santa pace!