Nei giorni scorsi l’omaggio di tutto il teatro Ariston a quello che è considerato uno dei migliori giornalisti di spettacolo, ormai prossimo alla pensione
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«Come dice Rosario, mi sono amminchiulutu. Con quel po’ di vista che mi è rimasta, cioè niente, vi posso dire con grande franchezza che me la cavo discretamente e mi tolgo dalle scatole perché vado in pensione». Ha esordito così Vincenzo Mollica nella sala stampa del Festival di Sanremo, dopo che tutto il teatro Ariston gli aveva tributato un lungo e toccante applauso per la sua carriera.
Lui, giornalista di punta del Tg1 per decenni, figlio di emigrante calabrese di Bruzzano Zeffirio e costretto a lasciare la Calabria una volta rientrato, Ha raccontato la lotta quotidiana con le malattie che lo fiaccano: «Io ho due compagni di viaggio, mister Glaucoma che è un figlio di mignotta e uno è mister Parkinson che mi rende come una canzone di Celentano anni Sessanta. Ma me la cavo».
«Fare il cronista è il mio mestiere – ha proseguito -, il Tg1 è la mia casa e ringrazio tutti voi. Omerico non fui mai non per mancanza di poesia ma per mancanza di diottria. Una delle regole della mia vita me l’ha insegnata Federico Fellini: “Vincenzo, non sbagliare mai il tempo di un addio o di un vaffanculo, neanche di un secondo che ti si può ritorcere contro”. Aveva ragione».
E poi ancora: «Sulla tomba farò scolpire l’epitaffio “Qui giace Vincenzo Paperica che tra gli umani fu Mollica”: è un desiderio che mia moglie dovrà rispettare. Al cimitero guardo gli ovali sui loculi e capisco che nessuno dei defunti ha scelto la foto per la lapide. Il cronista Paperica, inventato da Andrea Pazienza e Giorgio Cavazzano per Topolino, mi rappresenta come nessun altro», ha concluso.