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Latino, greco, arabo e francese. Sono queste le lingue che nel corso dei secoli, hanno influenzato il calabrese, uno dei dialetti più affascinanti d’Italia grazie alle sue radici antichissime e alla sua visibile eterogeneità.
Il latino e il greco sono le due lingue che fungono da pilastri fondamentali, la prima maggiormente visibile nell’area più settentrionale del territorio poiché radicata da tempi più remoti rispetto alla parte meridionale cha ha subito il processo di latinizzazione in tempi più recenti. l’arancia, che in dialetto diventa “purtuàllu”, deriva dal greco “portokàlos”, così come, le ciliegie, in dialetto “cirasa” o “gèrasa” derivano dal greco “kèrasa”, oppure ancora, caprone, che in dialetto diventa “ ’zìmbaru”, deriva dal greco “xìmaros”. Il tomolo, in dialetto diventa “tùminu” o “tumminàta” e deriva dall’arabo “tumn”, il recipiente dell’olio, in dialetto “giarra” o “zìrra” o ancora “zìrru” in arabo diventa “zir” e ancora l’ernia, in dialetto “guajera” o “guallera” deriva dall’arabo “adara”.
Lampada, in dialetto, “abbaciùrra” o “abbasciù”, deriva dal francese “abat-jour”, il verbo comprare, in dialetto “accattàri” o “càttari” deriva da “acheter”, il fazzoletto, in dialetto “muccaturu” deriva da “mouchoir”, i baffi, i “mustazzi”, derivano da “moustache” e addirittura la nduja deriva da “andouille”.