“Questo reperto è un unicum in termini tipologici e ancora oggi abbiamo notevoli difficoltà interpretative rispetto al contesto di provenienza”. Lo ha detto Simonetta Bonomi, soprintendente per i Beni archeologici della Calabria, durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati delle analisi, condotte nei laboratori dell'Università della Calabria, sulla testa leonina in bronzo ritrovata due anni e mezzo fa nel tratto di mare tra Africo e Bianco, in provincia di Reggio Calabria.

 

“L'unica linea di indagine che abbiamo – ha aggiunto Bonomi – è quella emersa dalle indagini condotte dal dipartimento di Biologia, ecologia e scienze della terra (Dibest) dell'Università della Calabria. Come unico riferimento storico abbiamo le piastre con teste leonine che vengono da una delle navi del lago di Nemi, nel Lazio. I risultati che presentiamo oggi – ha sostenuto Domenico Miriello, docente del corso di laurea in Scienze e tecniche per la conservazione e il restauro dell'Unical – sono frutto di un lavoro multidisciplinare, che ci ha consentito di stabilire con certezza alcune informazioni relative al reperto”.

 

Dal lavoro di ricerca è emerso che la testa leonina bronzea è stata realmente trovata nel tratto di mare tra Africo e Bianco, ed è stata sommersa per moltissimo tempo in ambiente marino a una profondità superiore ai 40 metri. Inoltre è accertato che si tratta di un bronzo antico di epoca romana. “Il prossimo passo – ha sostenuto il rettore dell'ateneo calabrese, Gino Mirocle Crisci – sarà risalire al luogo dove è stato realizzato il reperto. Per far ciò abbiamo bisogno di più tempo, ma siamo certi di poter individuare il luogo e forse questo aiuterà gli archeologi a capire meglio la funzione di questo straordinario oggetto”.