"La povertà è la problematica più scottante di questi tempi ed è la vera sfida della nostra credibilità come Chiesa”. Lo ha scritto monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro- Squillace, nel Messaggio per la prima Giornata mondiale del povero dal titolo “I poveri, voce di Cristo umile e povero”.

La Chiesa celebra per la prima volta la Giornata mondiale del povero

Una giornata, quella del povero, che la Chiesa celebra per la “prima volta” grazie alle intuizioni di Papa Francesco.Dopo aver ricordato di appartenere alla Congregazione del “Boccone del povero”, fondata dal Beato Giacomo Cusmano, monsignor Bertolone ha indicato la Giornata mondiale, come un momento qualificante, che “ci viene offerto dal Papa per comprendere e praticare attraverso la carità, la solidarietà, l’integrazione, l’accoglienza del grido dei poveri, collaborando attivamente con loro, per aiutarli ad uscire dalla povertà e realizzare forme di vita consone a quella dignità umana”.

Nasce il mondo nuovo dell'amore

Per l’Arcivescovo è ‘la compassione’, ovvero il comune sentire con i poveri e per i poveri, che va praticata “per esigere ed avviare, attraverso la via maestra dell’agàpe cristiana e della solidarietà, il mondo nuovo dell’amore”.

In questo contesto monsignor Bertolone sostiene che “ogni bocca affamata e assetata ci parla a nome di Dio-Spirito Santo Amore; annuncia una presenza: quella del Cristo, umile e povero, che quasi si fa ottavo sacramento nella presenza dei poveri”.

Secondo l’Arcivescovo “Gesù è davvero presente nei poveri” soprattutto nell’Eucarestia.

Serviamo gli ultimi e cibiamoci dell'Eucarestia

Una delle indicazioni di Papa Francesco per la giornata del povero è stata appunto quella di offrire cibo ai poveri ma anche di andare in Chiesa e prendere l’Eucaristia insieme.

In un contesto caritativo e spirituale per l’Arcivescovo i poveri hanno una funzione profetica perchè la povertà costringe la Chiesa cristiana ad “ascoltare il grido silenzioso di chi ha fame, sete, è nel bisogno, attende un segno di prossimità, una visita, una carezza, un sorriso, una lacrima asciugata, un gesto d’affetto”.

 

A questo proposito l’Arcivescovo ha ricordato i Santi che mossi dallo Spirito d’Amore, i poveri "li hanno difesi, li hanno presentati come un “luogo teologico”, un segno e strumento della presenza del Signore, che ancora sofferente e talora morente in loro, chiede la nostra collaborazione per realizzare storicamente la risurrezione, cioè la salvezza dal male e la liberazione dalle antiche e nuove schiavitù”.

Il monito dell'arcivescovo Vincenzo Bertolone

Monsignor Bertolone ha lamentato che “gli addetti alle questioni giuridiche e al culto, preoccupati solo della prima e della seconda forma di presenza, ne hanno sovente dimenticato la terza” cioè la povertà.

 

Quelli che hanno prestato attenzione solo alle forme giuridiche e liturgiche, – ha aggiunto l’arcivescovo – “hanno sospettato e purtroppo continuano a sospettare di eresia e di ribellismo quelli che difendevano la causa dei poveri e continuano a difenderla”.

 

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“Ciò che i poveri ci insegnano – ha concluso monsignor Bertolone – è l’autorità del sofferente e dell’emarginato. Sì, carissimi, il bisogno di lasciar diventare eloquente il dolore (per la fame, per la sete, per l’emarginazione sociale, per l’essere scartati, senza voce…) è condizione di ogni verità anche nella Chiesa e soprattutto nella fede nel Cristo e nelle sue forme di presenza nella storia”.