Il cantante racconta le sue emozioni e i retroscena del Festival. Dalla collaborazione con Blanco al rapporto con i giornalisti: «Vorrei che le mie canzoni fossero come massi che rotolano lentamente, ma acquistano velocità»
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A soli 29 anni, Irama, all’anagrafe Filippo Maria Fanti, si presenta per la sesta volta al Festival di Sanremo. Con 53 dischi di platino e una carriera in continua ascesa, è uno dei favoriti dai bookmaker per questa edizione. Il brano che porta sul palco si intitola Lentamente e, come annuncia lui stesso, sarà pubblicato anche in versione spagnola per il mercato latino-americano.
«Racconta una storia carnale: la distruzione lenta di un amore che sembrava eterno, ma finisce da entrambe le parti. Ha un’atmosfera british grazie all’organo Hammond, ma una melodia decisamente italiana», spiega Irama, evidenziando come questa canzone rappresenti una svolta più matura nel suo percorso musicale.
Dietro l’apparente freddezza, Irama si rivela autoironico e di una gentilezza disarmante, con idee molto precise sulla musica e sulla vita. In questa intervista ci racconta la sua esperienza a Sanremo, il rapporto con i giornalisti, la collaborazione con Blanco e il nuovo album in lavorazione.
Non lo avevate come obiettivo?
«No, non sarei voluto tornare. La mia casa discografica (Warner Music, ndr) e il mio team erano avvisati. Ma poi continuavo ad ascoltare questo brano, anche la notte, e mi piaceva sempre di più. Così, a un meeting – dove di solito non vado – me ne sono uscito con questo pezzo. Tutti hanno esultato, anche in maniera un po’ tamarra, devo ammettere».
Non volevi andare perché avevi altri progetti?
«Esatto, volevo focalizzarmi sul tour e sul nuovo album, ma Sanremo è un’occasione pazzesca per far sentire la tua musica a tutti, e questo mi interessa».
Lentamente uscirà anche in versione spagnola per il mercato latino. Come pensi di essere percepito lì?
«Devo ancora costruire tutto in quel mondo, però mi pare di percepire un certo interesse. Mi piacerebbe che la mia musica avesse una visione il più internazionale possibile».
Hai letto le pagelle dei giornalisti?
«Solo perché me le hanno mandate, ma non è una cosa che mi piace fare».
C’è stato qualcosa che non è stato proprio capito secondo te?
«Qualcuno ha scritto che l’autore del pezzo è solo Blanco, e già questa è una follia, perché io scrivo sempre i miei pezzi. Poi ho letto altre cose che non mi hanno convinto troppo. Credo perché non ho mai avuto un bel rapporto con le pagelle. I giornalisti forse mi vedono troppo distante. Mi piacerebbe comunicare meglio anche con loro».
Dipende da questo senso di distanza secondo te?
«Credo che a volte ci si fermi troppo alle apparenze. Si guarda di più all’estetica che all’emotività. Le mie canzoni sono legate a quest’ultima. Mi piacerebbe che fossero concepite come massi che rotolano piano e acquistano velocità, proprio come Ovunque sarai. Comunque, se mi avessero dato voti troppo alti mi sarei preoccupato: tutti i miei successi sono nati da voti bassi».
Forse non sei una persona che si apre con chiunque.
«Sai, da piccolo mi hanno insegnato un certo tipo di educazione e rispetto dello spazio dell’altro. Non mi permetto di scherzare troppo con chi non conosco bene. Questa mancata leggerezza viene interpretata come freddezza o arroganza. Ma io non penso di essere freddo».
Per la cover di Say Something hai deciso di cantare in inglese con Arisa. Una scelta in controtendenza.
«Rosalba è una persona e una cantante meravigliosa. Non è stato facile scegliere il pezzo, perché non sono un interprete. Nei miei dischi non ci sono cover. È un altro sport. È come dire a un attaccante di giocare in difesa».
Che effetto ti fa avere Shablo, il tuo manager, in gara contro di te?
«Lo prendo in giro. Lui dice che, se Sanremo fosse uno Squid Game in cui solo uno dei due può sopravvivere, farebbe vincere me. Mah, chissà se è vero… A parte gli scherzi, Shablo vive la musica come va vissuta, sdrammatizzando tutto».
Quando uscirà il tuo nuovo album?
«Non lo so ancora. Mi odiano in molti e, quando mi incontrano, non mi chiedono la foto ma: Quando esce il tuo album?. Avevamo persino un gruppo WhatsApp chiamato Disco 2024, che poi è diventato Disco 2025. Io lo faccio uscire solo quando penso di aver fatto l’impossibile per renderlo il miglior lavoro possibile».
Dove scrivi ora? Prima andavi spesso in Salento.
«È vero, anni fa andavamo in Salento in posti che non costavano molto, anzi. Una volta avevamo persino una stalla con un maiale dentro! Ora preferisco posti oggettivamente belli, con piscina e giardino, perché in genere non mi prendo vacanze. Però poi mi chiudo a scrivere in uno sgabuzzino».
Quindi, niente Sardegna per scrivere?
«No! Ci ho provato, ma se hai davanti un tramonto, guardi quello, mica scrivi. Lo stesso vale per i concerti: perché fare il video del live quando puoi godertelo?»