Dall'intramontabile commedia di Landis al fantastico Bill Murray, ecco cosa non perdere (di nuovo)
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Il Natale è composto al 50% da cenoni e da un numero imbarazzante di mandarini digestivi, e al 50% dai film in programmazione per le feste. Imperdibili i grandi classici in bianco e nero (Frank Capra è un evergreen), cartoni animati Disney (“La spada nella roccia”, “La bella addormentata”, “Il canto di Natale” di Topolino su tutti) e soprattutto i filmoni degli anni Ottanta e Novanta. Ecco le pellicole per sprofondare nel divano, addentare il pandoro e pensare che, in fondo, certe cose non cambiano mai (e meno male).
Una poltrona per due
Venticinque anni di messa in onda su Italia 1 (siamo salvi anche quest’anno) e ancora non abbiamo capito cos’è quella storia della Borsa e dei titoli del succo di arancia che scendono e si vendono, salgono e si comprano (o viceversa). Ma la vita è come “Una poltrona per due” a Natale: te la godi come puoi anche se non capisci il finale.
Non possiamo farne a meno, non dobbiamo farne a meno. Al diavolo le polemiche sul politically correct, al diavolo lo zio che mentre rumina alici fritte dice: «Ma ancora ‘sto film!». Non è Vigilia senza “Una poltrona per due”, se non ci fosse svanirebbe anche il concetto stesso di Natale. E anche se ora è moda mettere in discussione i pilastri stessi del pensiero ontologico (in primis se nell’insalata russa ci va l’aceto di vino o di mele), il film di Landis volteggia così alto sui nostri vischi e i baccalà fritti, che sinceramente delle frecciate se ne infischia. E anche noi.
Dunque, la storia. In quel manicomio di mercato degli anni Ottanta fatto di urla e foglietti e Maalox, due uomini fanno “neri” gli anziani speculatori Randolph e Mortimer Duke, più simpatici di Scrooge, meno generosi di Paperone, i due si giocano l’attico sul mercato newyorchese per un rapporto fasullo e una scommessa più sadica che filantropica. Ma prima c’è un accattone miracolato da due agenti di polizia, un manager stempiato, Inga dalla Svezia (con il décollettés più bello della storia del cinema), un maggiordomo di nome Coleman, una crêpe suzette finita nella pattumiera, Babbo Natale in lite con un pezzo di salmone attaccato alla sua barba finta e, infine, un gorilla. Anzi due. L’ouverture delle Nozze di Figaro di Mozart apre su una Philadelphia tremante per il gelo di dicembre ed è lì, su un marciapiede innevato che si compie il primo miracolo. E tutto questo ogni vigilia di Natale sullo stesso canale intorno alle nove di sera (a seguire Babbo bastardo). Minuto più, minuto meno. Una specie di giorno della Marmotta (quella è un’altra storia ma visto che ci siamo mettiamo il registratore su on).
Mamma ho perso l’aereo
Non esiste. Semplicemente il reboot non esiste. La pratica del recupero ex novo di storie storiche merita la damnatio memoriae. Accantonata questa profanazione del sacro, torniamo a Kevin McCallister. Solo. Mentre la famiglia è in aereo per Parigi, il piccolo biondino se la deve vedere con due ladruncoli che approfittando dell’assenza dei proprietari, tentano il colpo gobbo. Ora, a parte le solite considerazioni sul lavoro del padre di Kevin, proprietario non di una casa ma di qualcosa più simile a Buckingham Palace, in grado di pagare una vacanza in Francia per ogni membro, fino al terzo grado, della sua famiglia, il film è e resta (e resterà per sempre) un grande classico natalizio, imperdibile, scaramanticamente necessario per convincerci che in fondo siamo rimasti un po’ bambini, capaci di stupirci, credere alla favole e prendere a travi in faccia due topi d’appartamento.
The family man
Lui (Nicolas Cage) è il vanto del capitalismo. Solo, affascinante, ricco e potente. Ha l'armadio con completi Zegna, si sveglia con Pavarotti e per regalo di Natale una modella bionda che gli scalda il letto. Il solito cocktail americano pronto a essere rovesciato sul bancone a metà del primo tempo. E infatti. Cosa succede se qualcuno, diciamo pure un angelo che non sembra un angelo ma più uno che cerca guai al bancone di un emporio, ti dà la possibilità di dare una "sbirciatina" a quello che sarebbe stato se quel giorno non avessi preso l'aereo lasciando per sempre la tua bellissima (e altissima) fidanzata? Il film è un super classico, e anche se da un certo punto viene da dire; ehy, perché lei non vuole tutto il pacchetto: uomo innamorato, casa bellissima a Manhattan, lavoro appagante (no, è incomprensibile) e preferisce stare in un angolo del New Jersey a vestire di flanella col marito che vende gomme, ti ritrovi a vederlo e rivederlo ogni Natale sperando, in segreto, che alla fine lei dica: sai che c'è Jack? Firma il contratto e prendiamoci l'attico.
National Lampoon's Christmas vacation
Dici Griswold e dici Natale. Dici Griswold e dici: accendo? Vai papà, accendi. E quando l’interruttore passa da off a on ecco che il cortocircuito natalizio più folgorante della storia delle feste, illumina la disastrosa saga della famiglia che batte la sfortuna e ne esce con le ossa rotta. Il film con Chavy Chase, è la Cenerentola dei film di Natale. Ingiustamente bistrattato dalla programmazione è un cult della risata piena e di pancia. Basta solo guardare l’aria serafica di Chase, con quei capelli in ordine, la cravatta e il cappello da Santa Claus mentre guarda fiero il più grande black out della storia del pianeta, per entrare nello spirito del Natale. Morale della favola: ricordiamoci di spegnere le luci dell'albero prima di andare a cena.
S.o.s. fantasmi
Scrooge, lo amiamo. Inutile girarci intorno, senza di lui a chi diamine interesserebbe la vita di uno scribacchino povero e sfortunato come Cratchit? Se poi Scrooge ha una certa faccia e un certo impermeabile, beh, sappiamo per chi fare il tifo. Ci sono poche certezze nella vita: tasse, morte e Bill Murray. Lui ci sarà sempre nella nostra vita, che sia accanto a una marmotta mentre la radio passa in loop “I’ve got you babe” di Sonny e Cher, o davanti allo spirito del Natale passato con un fantasma diabolico quanto Beetlejuice (da segnare in lista, a proposito). È lui la faccia che vorremmo vedere sotto al vischio, l’uomo da abbracciare urlandogli: grazie, senza di te i fantasmi ci avrebbero fatto paura. Per davvero.
Un biglietto in due
È Natale, si torna a casa. Ed è per questo, per scrollarsi la stanchezza di dosso e anche il gelo, che lungo la strada due improbabili compagni di viaggio si trovano a combattere contro la sfortuna (ma non solo, eh) per varcare la soglia del focolare domestico prima che sia l’ora del cenone. Eredi di Jack Lemmon, versione Spic Span, e Walter Matthau, il viaggio verso casa di Steve Martin e John Candy (ci manchi, John, Dio se ci manchi) ha ispirato così tanti film, alcuni riusciti altri decisamente meno (quello italiano è da dimenticare), da riempire la borsa di Mary Poppins (lei è perfetta da vedere per il 25). Due giganti della comicità americana si scontrano in un film che in un’altra vita si sarebbe noleggiato da Blockbuster pagando la penale del giorno di ritardo per rivederlo almeno un paio di volte in più. Se qualcuno ancora non l’ha visto recuperi subito e che Candy lo perdoni.