E l’ha davvero accompagnato la Madonna, perché nel giorno dell’Immacolata, patrona di Rende, Dario Brunori ha incontrato la stampa e la città dopo l’avventura di Sanremo. In tantissimi, studenti, fan, curiosi hanno affollato l’anfiteatro dell’ateneo cosentino per manifestargli affetto e ammirazione.

Brunori Sas dopo aver incontrato i giornalisti all'Unical non ha deluso gli studenti che, in centinaia, dalle prime ore del mattino hanno affolato l'anfiteatro dell'ateneo. Il cantautore ha imbracciato la sua chitarra e intonato L'albero delle noci. 

«È stata un’esperienza straordinaria, mi piace come l’ho vissuta e come ne sono uscito» ha affermato il cantautore con riferimento alla sua esperienza sanremese. La seconda serata, in particolare, è quella che per lui ha determinato la svolta: «È stato tutto sorprendente quando abbiamo percepito che la canzone era arrivata, quando ho sentito l’applauso del pubblico a teatro. Era quella la mia intenzione: che arrivasse un certo tipo di canto, di emozione».

Più in generale, se è andato tutto bene, lo si deve per lui all'incrocio perfetto di due combinazioni: da un lato, «un discorso di passione per un certo tipo di musica che negli ultimi anni era sfumato«» e dall'altro, la sua predisposizione mentale: «In passato avrei avuto un po’ di “pippe mentali” ad affrontare questa avventura».

Predisposizione che, alla fin fine è stata anche fisica: «Sei mesi di dieta, l’Italia mi ha conosciuto magro dopo anni di panza» ha detto con l'ormai proverbiale simpatia. «Anche questa è stata una soddisfazione, essere un po’ George Clooney». Non è mancato, e non poteva essere altrimenti, l'omaggio a chi gli è stato intorno per tutta la durata del Festival: «La cosa bella è stata vivere questa avventura con la famiglia reale e quella acquisita: quelli della band, i miei direttori d’orchestra Amato e Onofrio».

Ironia, profondità di pensiero e di sentimenti; il solito Brunori, insomma, ma non poteva essere diversamente. «E sono felice di essermi mostrato così come sono in realtà. Troisi diceva che il successo è come una cassa amplificatrice, ma non cambia le persone».