Sul palco il “gioco dei doppi”, tra equivoci e smarrimento di identità, che conduce a contemporanee alienazioni. Protagonisti Debora Caprioglio e Franco Oppini
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Si alza il sipario su “Dialoghi Mediterranei” a cura del direttore artistico Marco Silani. Dal 29 luglio al 21 agosto sul palco del Teatro dei Ruderi di Diamante e del Teatro comune di Soverato un fitto programma di appuntamenti tra musica, divertenti commedie dal sapore partenopeo e classici del teatro. Il debutto lunedì 29 luglio (Teatro Ruderi – Diamante) e martedì 30 luglio con lospettacolo “L'Anfitrione”: sul palco Debora Caprioglio e Franco Oppini.
“L’Anfitrione”
Un grande schermo bianco su cui vengono proiettate le ombre in un’ora e venti circa di spettacolo, una scenografia essenziale ma emozionante, e delle musiche intense affidate a Luciano Francisci: il capolavoro ha un nome noto ai più ed è Anfitrione di Tito Maccio Plauto che presenta una compagnia d’eccezione tra cui Debora Caprioglio che ben si sposa sul palco con l’attore Franco Oppini. La regia, di Livio Galassi, vede al centro della trama Giove che, preso d'amore per Alcmena, ha assunto le sembianze del marito di lei, Anfitrione, mentre combatte contro i nemici della patria. Gli dà manforte Mercurio, travestito da Sosia il servo di Anfitrione; egli si prende gioco, al loro ritorno, del servo e del padrone. Anfitrione fa una scenata alla moglie; e i due rivali si danno l'un l'altro dell'adultero. Poi si scopre il tutto; Alcmena dà alla luce due gemelli. Sul palco, dunque, ad attrarre il pubblico gli dei dell’Olimpo, per coinvolgerlo con la spudorata beffa che solo una divina perversione può architettare, a danno dell’ignaro Anfitrione di cui Giove ha preso l’aspetto per sostituirsi a lui nel talamo nuziale accanto alla bella Alcmena; protetto però dalla sadica complicità di Mercurio che ha assunto le sembianze del servo Sosia. Plauto da sfogo alla sua fantasia quando Anfitrione ritorna vittorioso dalla guerra, dando libera uscita al “gioco dei doppi”: al centro della scena gli equivoci, lo smarrimento di identità che conduce a contemporanee alienazioni. La trama si complica, fino al più esilarante, inestricabile parossismo che solo il “deus ex-machina” riuscirà felicemente a sbrogliare. Uno stile elevato ma d’impatto, una trama complessa ma resa con competenza adatta ad un pubblico ampio che saprà anche generare la risata, e magari una riflessione.