VIDEO | Ha 24 anni, è laureato in Arte e Scienze dello Spettacolo e ha mosso i primi passi nel teatro popolare di Praia a Mare, su invito della sorella, anche lei attrice
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Ha gli occhi azzuro cielo, un sorriso travolgente e parla perfettamente in italiano. Difficile capire da dove arrivi. Roberto Scorza, 24 anni, è distante anni luce da quel giovanotto che nell'ultimo spot di Gabriele Muccino è seduto sguaiatamente in piazza, porta coppola e bretelle, diventato, con il passare delle ore, icona di uno scandalo nazionale per aver incarnato quell'immagine retrograda, ottusa e sessista della Calabria che tanto ha fatto scandalizzare i calabresi. Eppure sono la stessa persona. Per questo Roberto, interprete nello spot dello "scandalo", finanziato con 1,7 milioni di euro di soldi pubblici erogati dalla Regione Calabria, è stato catapultato nel giro di qualche minuto nell'abominevole vortice degli insulti e delle offese della rete.
Le accuse del web
Quella coppola si portava 40 anni fa, così come le bretelle, e i nostri giovani non stanno in piazza tutto il girono a fare niente aspettando che passi una signorina in gonnella per spogliarla con gli occhi.
Sono principalmente queste le accuse mosse dal popolo della rete al personaggio interpretato da Roberto Scorza, che comunque, a paere degli internauti, sarebbe anche un attore dalle scarse capacità: «Non sa dire cinque parole in calabrese. Dove vuole andare, questo?».
L'appunto viene riportato dalle principali testate nazionali, che lo bocciano senza appello.
Cosa c'è dietro quell'interpretazione "sbagliata"?
Ma le cose stanno davvero così? Roberto Scorza è uno di quei raccomandati presi a caso dal cilindro degli amici? Non proprio. Innanzitutto, sa parla benissimo il calabrese, perché calabrese lo è, da generazioni. È nato a Cosenza e cresciuto nella città dell'isola Dino, dove ha cominciato a muovere i primi passi nella recitazione grazie al "Teatro popolare di Praia a Mare", poi, dopo il diploma al liceo atistico di Maratea, si è laureato in Arte e Scienze dello Spettacolo a Roma, dove vive da qualche anno.
«La sceneggiatura era scritta in un certo modo e io l'ho solo interpretata - si difende il giovane -, non ho potere di decidere o di cambiarla. Per quanto riguada la frase "incriminata", recitata in italiano ma con cadenza siciliana, è stata scelta dopo diverse proproste. Credo che Muccino abbia voluto rendere più fruibile il dialogo, perché il suo obiettivo era quello di farlo vedere a tutta Italia e non solo». Il dialetto calabese avebbe invece preteso dei sottotitoli.
Le parole hanno un peso
«Siamo tutti d'accordo che la Calabria non è questa e le critiche sono legittime - ha detto ancora Scorza ai nostri microfoni -, ma io credo che questa rabbia social arrivi da quale altra parte, da un'insoddisfazione personale». Poi continua: «Ho un'età che mi fa comprendere queste dinaniche, ma se avessi avuto 18 o 19 anni, sarebbe stato veramente brutto subire questa ondata di odio. Per fortuna ho già imparato a conoscere questo mondo e lo sconforto non è stato personale. Anzi, da un lato mi ha lusingato, i meme, i doppiaggi, le foto del profilo con la mia immagine, mi hanno fatto sorridere. Facebook è un'arma a doppio taglio: pensi una cosa e la pubblichi senza che tu ti renda conto che dall'altra parte c'è sempre qualcuno che legge. Penso a come sarebbe stato se al posto mio ci fosse stato qualcuno altro. È stato comunque un onore partecipare a qualcosa di così impotante, poter prestare il volto all'immagine della nostra terra».
La bellezza primitiva della Calabria
Robeto racconta che sul set non si è reso conto di ciò che sarebbe stato il prodotto finito, perché gli attori non protagonisti non avevano letto l'intera sceneggiatura, ma solo quella riguardante la loro parte. «Anzi, mi era sembrata una bella idea, raccontare la bellezza primitiva della Calabria, la magia delle cose semplici, quei valori antichi e profondi che ci contaddistinguono». Quegli odori, sapori e sensazioni che resistono allo scorrere del tempo. «Io quando torno in Calabria, zappo, mangio il salame di mia nonna, senza finoscchietto, eh (ride, ndr), mi piace camminare scalzo e sentire la terra sotto i piedi». E sulla coppola dice: «Non mi dispiace e poi sono tornate in voga. Ogni tanto la uso, ma non sto tutto il giorno in piazza a chiedere alle persone che passano se sono andate vedere le clementine».
«Raccontiamo noi la Calabria»
Dal letame nascono fiori e anche questo marasma di offese e insulti potrebbe trasformarsi in qualcosa di buono. «Facciamolo noi uno spot sulla Calabria, ma non per far meglio di Muccino, lo facciamo a modo nostro. Se proprio dobbiamo unirci, facciamolo per creare, non per criticare. Io sono pronto a metterci la mia faccia... e la mia coppola».
Sul set con la sorella Elvira Scorza
Per fortuna, in questi giorni di polemiche e insulti, roberto ha avuto una spalla forte su cui poggiarsi, quella di sua sorella Elvira, anche lei attrice, anche lei interprete nel chiacchieratissimo corto, accusato finanche di essere stato copiato da un spot della casa di moda Dolce&Gabbana. Lei interepreta la calabrisella con camicia bianca e gonna nera sopra il ginocchio che consiglia al protagonista Raoul Bova di portare la consorte a farle vedere il mare. Elvira, che di anni ne ha qualcuno in più, quasi si fa beffa delle critiche che sono piovute: «Le riprese sono state un'esperienza stupenda ed era anche il giorno del mio 28esimo compleanno. Devo dire che il set era profossionalemnte di un livello molto alto. Gabriele Muccino è un professionista».
Ma nel complesso...
Elvira, però, non nega che qualcosa sia andato storto. «Quando ho visto il prodotto finito, nell'insieme, il taglio che gli è stato dato, mi sono fatta delle domande anch'io». E del polverone sollevato dice: «In realtà ci speravo». Anche se il contraddittorio «meritava di essere veicolato. Le critiche che mi hanno fatto storcere il naso sono state quelle dei colleghi, che si presuppone abbiano delle conoscenze». Per il resto, pare si sia fatta un sacco di risate: «A me piace l'ironia, a patto che sia supportata dall'intelligneza, altimenti si scade nella banale risata alla Vanzina. Amo i Cinghios (gruppo satirico calabrese, ndr), con loro - che hanno ridoppiato il corto in calabrese - ho riso di cuore».
Anni di sacrifici e sudore
Propio come suo fratello Roberto, Elvira ha sudato sette camicie per inseguire il suo sogno diventare un'attrice, solo che lei ha cominciato prima. «Vivo fuori dalla Calabria ormai da dieci anni». Durante questo tempo ha conseguito una laurea in Dams a Bologna e un diploma da attrice al Teatro Stabile di Torino. «La mia carriera da attrice teatrale è stata stroncata da questo virus, che comunque mi ha anche fatto riflettere su quali contesti voglio continuare a lavorare. Far parte di uno spot girato nella mia terra è un regalo per cui ringrazio». Tanto che anche col senno di poi lo rifarebbe anche domani: «Assolutamente sì, ma forse mi confronterei maggiornamente con i mie colleghi». E lancia la stessa sfida del fratello: «Se ci mettiamo d'accordo, magari lo rifacciamo». Magari, stavolta ci si riesce anche spendendo qualcosina in meno di 1,7 milioni di euro.