Grazie a The Caves, sottospazio sul lungomare di Crotone che ospita tanti e diversi eventi, arriva ad esserci aria, anche in Calabria, per l’underground; diventa facile così il ritorno di due crotonesi che da tanti anni, con base Bologna, usano la musica innanzitutto per esprimersi artisticamente, ma anche per girare l’Italia (e non solo).

Si fanno chiamare da più di un decennio Cani dei portici, e si misurano, volenti e non, con i tanti generi di riferimento che in Europa hanno dato ampiezza a quella musica sotterranea e clandestina che sin dagli anni ’50 ha formato e dato vita a tutto ciò che, dal rock in poi, è riuscito a creare le più intriganti storie musicali del secolo corto. Claudio Adamo e Demetrio Sposato sono un duo musicale che vive a e di Bologna dal post diploma a Crotone, dove già mischiavano la radicata ricerca intorno all’amplissimo panorama underground, quello caratterizzato dall’uso consistente di chitarre amplificate, spesso distorte dal disagio sociale e rabbiose di amore vero per la sincerità verso se stessi e che dunque approdano a suoni aspri e ritmi incalzanti che diventano aggressivi solo per quegli ascoltatori, tanti, che non sono semplicemente abituati ai cazzotti che ricevono i cani randagi. Uno stile di vita dentro cui si sono formati, ed ancora oggi sguazzano da trentacinquenni che, per fortuna e convinzioni, hanno poco tempo da spendere da una idea, ancora viva soprattutto in Italia, che musica underground e musica commerciale siano due sintesi incompatibili che non dovrebbero mai incontrarsi.

È con questa veste che girano per il Bel Paese da anni con escursioni anche in Francia: nel pre pandemia arrivarono a percorrere un tratto dell’itinerario che da Parigi conduceva a Santiago di Compostela da Bourges comune francese di poco meno di 70.000 abitanti. Così anche quest’anno che li ha già visti tornare a Roma e Napoli e prima di Catania, Reggio Calabria e Foggia che li porterà anche in Germania, ad Aachen e Karlsruhe in specifico, hanno avuto l’opportunità di tornare nella loro natia Crotone a “sciacquare” strumenti nel Neto, in un concerto che ci siamo goduti in buona compagnia proprio al The Caves sul lungomare crotonese.

Gli chiediamo subito cosa ne pensano del cappello del mathcore messogli addosso: «Forse è meglio dogcore - ci risponde Demetrio Sposato - dopo tanti anni che suoniamo, dopo ogni disco, arriva una recensione o una domanda che presuppone ad un genere diverso. C’è chi ci ha definito appunto math, chi post-hardcore o post-grunge o altro ancora - aggiunge il batterista e bassista divertito – e siccome adesso la fruizione della musica, per fortuna e non, è diventata un po troppo facile, i generi mi piace considerarli un modo per dire, io sono appassionato di questa cosa, e la faccio ascoltare, la promuovo».

«Noi ci sforziamo, ci proviamo almeno, di diventare un’altra cosa – specifica Sposato - essendo consapevoli che nel 2024 non inventi davvero nulla ma che con la musica puoi provare a riprendere il tantissimo che ti arriva, mettendoci del tuo; se oggi ti fai chiudere in un genere, c’è sicuramente più di qualcuno che lo ha già fatto molto meglio di te». Niente etichette se non questa simpatica dote “in nomen”, ma con un occhio attento agli emarginati «quello che ci portiamo appresso a Cani dei portici - ci dice sempre Demetrio Sposato – che poi ha una chiara origine comune a Crotone e Bologna, è il randagismo che sfocia nella libertà e nello stare in giro, oltre il tema dell’emarginazione; quando si tornava tardi a casa e passavi di notte a Piazza Pitagora qui a Crotone, la città di Rino Gaetano, trovavi i cani sotto i portici e ti imbattevi in chi comandava la strada, piuttosto che subirla, ci ha affascinato questo nome anche in ossequio allo stare senza collarini o etichette».

Un linguista ed un ingegnere del suono a cui chiediamo se essere riusciti a “rimanere” in ambiti professionali attigui alla passione artistica sia motivo di soddisfazione o, addirittura, di approfondimento «non credo – va quasi secco Claudio Adamo – pur essendoci un fil rouge in tutto quello che facciamo, non è affatto detto che sia collegato con un pensiero fisso; potrei anche lavorare al bar per campare, sono stato fortunato ad intraprendere un percorso come tecnico del suono - aggiunge il chitarrista del duo – ma l’importante è essere coerente con tutto, e lo si può essere facendo qualsiasi cosa».

Diventando ancora più secco quando gli proponiamo il concetto di suono pulito: «suono pulito è una pippa, è una paranoia, un pensiero inesistente; non mi occupo di cercare qualcosa nei suoni, mi preoccupo, al limite, di contenerli, non ho certo mai pensato di pulirli». Così, assieme a tutto il gruppo di appassionati, non ci rimane altro che goderci un concerto che non abbiamo nessuna voglia, e competenza, di recensire: potendo solo dire di aver apprezzato la stessa coerenza concettuale, trovando suoni ed intensità chiare, che personalmente lego a quando, negli anni novanta ascoltavo, assieme alla generazione dei sessantenni di oggi, le prime volte delle autentiche scene punk o ska italiane e su cui, non a caso, si sono spese figure artistiche che ancora suonano e segnano qualsiasi gusto degno di originalità.