Da Trieste in giù oggi scorrono le lacrime. Raffaella Carrà ci lascia senza aver percorso mai il viale del tramonto. È stata tutto quello che può contenere il piccolo schermo, entrando in spaccata nelle case degli italiani col suo ombelico scoperto che fece scaldare le pance e arricciare nasi. E lei, niente, avanti tutta, col caschetto scurito dal bianco e nero poi acceso dalle mille luci del colore che rifulgeva sulla sua frangetta platino e sugli iconici rossetti nude lucidissimi.

Raffaella Carrà, come si dice? al secolo, sì al secolo nasce Raffaella Maria Roberta Pelloni, in quel di Bologna, siamo nel 1943. Suo padre gestisce un bar e tra le mattonelle e il bancone, c’è questa televisione accesa all’ora del Musichiere. E Raffaella se ne sta lì a sognare, a masticare balletti e canzoni e poi a spostare sedie e tavoli per provare a fare lei quello che facevano lì dentro, nello schermo bombato. 

La Carrà ce 'ha fatta a passare da quella parte dello specchio, e c’è passata con i carri imperiali delle regine, come una Cleopatra portata in trionfo, col trucco a banana degli anni '70 sugli occhi, le spalle dritte, una testa piena di progetti e piani per realizzarli tutti.

Dopo il diploma al Centro sperimentale di cinematografia lavorò con Monicelli e tra gli altri anche per il regista e attore calabrese Leopoldo Trieste. Intanto la signorina Pelloni è diventata Carrà, per un vezzo del regista Dante Guardamagna appassionato del pittore Carlo. Suona bene: Raffaella Carrà, con quell’accento che era già di per sé una festa, un assolo in levare, una testa che va giù e poi scatta al cielo. C’era già tutto lì dentro, il destino nel nome, anche se non era quello vero.

Arrivano gli anni Settanta, arriva il Tuca Tuca, arriva Ma che musica maestro. Cos’aveva quella ragazza col sorriso che illuminava tutto da far girare la testa agli italiani e alle italiane? Compariva lei e i piedi cominciavano a battere il ritmo, lei rideva, piegandosi all’indietro, e lo strappava a tutti quelli che la guardavano il sorriso.

Gli anni Ottanta, l’oro, le spalline, lo sguardo in camera, il telefono grigio, quello con la ruota, accanto alle giare di vetro ricolme di indovinelli. “Pronto? Raffaella”. La Carrà dirompente conquista anche il nuovo decennio a mezzodì. Tutti vogliono parlare con lei, intasano i centralini, le signore lasciano i ferri da stiro a scaldare, i cocci sul fuoco, perché c’è Raffaella e bisogna prendere la linea, almeno tentare, e non solo per vincere quattrini indovinando quanti fagioli ci sono nel vaso, ma perché è un piacere scambiare quattro chiacchiere con la Carrà, è roba da raccontarlo a tutti nel vicinato.

Raffaella è una di famiglia è la «più amata dagli italiani». Il suo caschetto con la frangia diventa una mania. Tutte lo vogliono. Milioni di teste platino escono dai parrucchieri che tagliano, stirano, raddrizzano, e a casa si fanno le prove: onda giù e onda su, con le mani sui fianchi e sguardo in camera.

Il suo nome diventa un brand, a lei vengono intestate le trasmissioni: “Buonasera Raffaella”, “Benvenuta Raffaella”, “Raffaella Carrà show”, “Raffaella Venerdì, Sabato e Domenica”. E mentre l’Italia non smette di adorarla, lei colonizza la Spagna, il Sud America, arrivando a conquistare 22 dischi di platino.

La comunità gay la osanna e lei ricambia l'amore e l'affetto. La Carrà è il simbolo dell'amore universale, senza barriere, paletti, intralci. Il verso "l'importante è far l'amore con chi hai voglia tu" da ritornello si fa inno. 

Anni Novanta, Raffaella è ancora lì, in cima. Col suo compagno di sempre, il regista Sergio Japino, s’inventa “Carramba che sorpresa”. È ancora un successo strabordante in spalline e paillettes. Raffaella con la stessa passione con cui volteggia ballando sul palco, si trasforma nella spalla sui cui piangere quando condivide storie di lontananza, di famiglie spezzate, abbracci ritrovati. Con lei scivola tutto leggero: la gioia, la musica, il sesso, il dolore.
Nel 2013 il regista Paolo Sorrentino usa una versione remixata da Bob Sinclair di "A far l'amore comincia tu". Lei vola, ancora.

Oggi ne va Raffaella, che ha oltrepassato anche l’altro schermo con discrezione e semplicità, mentre qui per ricordarla non si fa che ballare e cantare, proprio come avrebbe voluto lei.