VIDEO-INTERVISTA | La ricerca sarà guidata dal primario di Oncologia Pierpaolo Correale. Un momento importante per la sanità calabrese, ma ci sarà da misurarsi con le difficoltà burocratiche e le ristrettezze imposte dal piano di rientro
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«Abbiamo dei risultati interessanti speriamo che ci possa dare soddisfazione anche a Reggio Calabria». Lo ha affermato alla nostra testata il primario di Oncologia del “Grande ospedale metropolitano” Pierpaolo Correale che insieme ad un team di esperti, ossia la professoressa Mariagrazia Cusi e con collaborazione con il dottore Luigi Pirtoli, ha avviato, quando era in servizio a Siena, uno studio per la sperimentazione clinica del vaccino “TSPP” (Thymidylate synthase poly-epitope peptid) volto a sconfiggere il cancro al colon-retto. Si tratta di una ricerca straordinaria che potrebbe far scrivere, anche, una bella pagina di sanità in riva allo Stretto. Il brevetto del vaccino è avvenuto nel 2005.
L'iter della sperimentazione
«Dopo una prima fase realizzata sugli animali di esperimento - ha affermato il primario - abbiamo avuto tutte le autorizzazione da parte dell’Istituto superiore di sanità e questa fase è servita a testare se il vaccino funziona o fosse tossico e identificare le dosi giuste. Tutto ciò è partito il 21 marzo del 2011 ed è stato molto difficile ottenere le autorizzazioni perché dietro di noi non c’era nessuna casa farmaceutica e solitamente si stratta di sperimentazione che fanno le case farmaceutiche». Lo studio infatti, era di tipo “spontaneo” ed accademico e quindi è stato espletato con fondi pubblici. Un ruolo importante poi è stato svolto dall’ARCO (l’Associazione Ri-Uniti Calabria Oncologica) con sede a Sant’Agata di Esaro, nel cosentino, per impedire che scadesse il brevetto, ha proposto il pagamento delle spese dello stesso per supportare la ricerca spontanea.
Come agisce il vaccino
La fase di sperimentazione ha riguardato 52 pazienti, di cui 42 affetti da questo pericoloso tumore. «I risultati sono stati incoraggianti - ha sottolineato Correale - perché abbiamo trovato che il vaccino non è tossico e fa esattamente quello che deve fare, ossia “addestra” l’organismo a reagire e ad uccidere le cellule che producono una sostanza la quale gli è indispensabile per diversi, quindi per far crescere il tumore. Questo vaccino funziona molto bene associato alla chemioterapia, soprattutto con i farmaci utilizzati per il colon, quindi ha tante applicazioni». Il primo “scoglio” della non-tossicità è stato quindi superato. I dati sul punto sono stati riesaminati, anche da un gruppo extra composto da tre ricercatori i quali non facevano parte dell’azienda ospedaliera senese, per controllare la bontà dei dati e alla fine hanno dato un giudizio molto positivo sulla conduzione dello studio in termine di risultati e giudicandolo, nel contempo, molto promettente. Ma c’è di più. I risultati sono ottimi anche in termini di “sopravvivenza” di vita dei pazienti. Lo studio era aperto ai soli pazienti che avevano già fatto tutte le terapie standard, ma che avevano almeno tre mesi come aspettativa di vita.
Sopravvivenza a fino 20 mesi
«Le nostre analisi - ha dichiarato il primario Correale - ci hanno dimostrato che i pazienti in “terza linea”, e dopo la cosiddetta “seconda linea” l’aspettativa di vita che non supera i sei mesi, mentre i pazienti arruolati in questo studio avevano una sopravvivenza di circa 13 mesi quindi due volte superiore alla norma (6 mesi) e in alcuni casi, in un “particolare” braccio dello studio avevano addirittura 16-20 mesi di sopravvivenza. Che è un qualcosa di estremamente positivo». Il primario Correale ci tiene a sottolineare come si tratta comunque di un piccolo studio e di una casistica ristretta per cui «la nostra speranza è di far partire uno studio da Reggio Calabria, come gruppo coordinatore, ma che coinvolga altre unità che siano esperte di vaccini. Ed è per questo che ci auguriamo di coinvolgere il professore Tagliaferro a Catanzaro e la professoressa Nuti a Roma.
La campagna fondi
Adesso quindi si dovrà compiere un ulteriore passo e Reggio Calabria sarà in prima linea. Prima occorrerà reinserire la richiesta di autorizzazioni sulla piattaforma Aifa e successivamente sarà necessario il parere del comitato etico. Per tutto questo ci vorranno almeno un paio di mesi. Lo staff medico inoltre, dovrà essere certo che tutta la qualità del prodotto, già in possesso, non sia tossico e che non abbia perso le sue proprietà in questo periodo. «In questo momento - chiosa il primario - non abbiamo i fondi per comprare lo strumento adatto e dobbiamo usare quindi già quello a nostra disposizione». Ed è per questo che l’Arco ha già avviato una nuova campagna fondi per poter comprare questo apparecchio. «In ogni caso prenderemo tutto il tempo possibile per dare il massimo della sicurezza ai pazienti. Vogliamo dare loro un farmaco sicuro ed efficace».
Reggio luogo ideale
Reggio Calabria potrebbe essere il luogo giusto per la sperimentazione, secondo Correale e il suo team perché «ha un bacino di pazienti spaventoso e l’unica oncologia medica si trova in questo hub e può pescare su 650mila abitanti, qui uno studio clinico ben fatto potrebbe dare una risposta molto attendibile anche in un anno soltanto».
Le criticità
I problemi della sperimentazione a Reggio riguarderebbero, invece, altri aspetti. Intanto quelli organizzativi: «da mesi l’Asp di Reggio è senza dirigente generale e poi scarseggiano le risorse, anche umane. In un altro centro avrei sicuramente una segretaria ad esempio e il suo lavoro non ricadrebbe su di me. Stiamo aspettando alcuni concorsi perché siamo sotto di personale e i medici in servizio spesso sono vicini al pensionamento».
Un vero e proprio peccato perché anche in riva allo Stretto sarebbe possibile avere sanità d’eccellenza. «Fare eccellenza qui sarebbe più che possibile – spiega Correale – abbiamo a disposizione i farmaci più innovativi e nessun problema di approvvigionamento anche se sarebbe da potenziare il collante tra le varie unità operative che andrebbe informatizzato per rendere la comunicazione più fluida nell’interesse dei pazienti».
La “politica”, però, spesso complica le cose. «È noto a tutti che in Azienda abbiamo un’alta litigiosità legata spesso a interessi sindacali e personali che poco hanno a che fare con la sanità e che rallentano ogni iter».
Il "peso" dei commissari
E poi il grosso nodo legato al Commissariamento. Correale deve ancora incontrare Cotticelli.
«I commissari sono i nostri capi e ovviamente sarà necessario il loro bene placido per tutte le operazioni necessarie alla sperimentazione. È ovvio che avremo bisogno del supporto della Regione e di flessibilità anche nella possibilità di poter assumere medici anche a contratto e non solo per concorso. Io ritengo che questo ospedale abbia grandi possibilità, anche Ematologia ha raggiunto risultati importanti negli ultimi anni, ma serve il giusto supporto. Il piano di rientro non deve essere una scusa per non fare, ma uno stimolo per fare meglio».
Le critiche ricevute
Infine Correale replica a tutte le critiche piovute a mezzo social su una nuova possibile illusione per i malati oncologici. «Va ribadito: non è la cura per il cancro, ma un passo in più che stiamo facendo e sono orgoglioso di poter fare perché è il frutto del lavoro di una vita, fin dagli anni della mia ricerca negli Stati Uniti. Sui social e sul web esce di tutto e invece bisogna essere molto cauti. Questa è una ricerca iniziata nel 2004, abbiamo avuto fondi dal Ministero e da Istituti Bancari, stiamo solo provando a comunicare i passi e i progressi di questa attività di ricerca, sperando di fornire un farmaco efficace e poco tossico ai pazienti».
Angela Panzera
Riccardo Tripepi