Un presidio davanti all’ospedale di Lamezia Terme per difendere e rilanciare la sanità pubblica. La Cgil Calabria ha organizzato la manifestazione a cui ha preso pare anche il comitato “La sanità che vogliamo”, nato poco tempo fa a Lamezia, per contrastare il tentativo di riorganizzazione ospedaliera del commissario Occhiuto. Un banchetto davanti ai cancelli del Giovanni Paolo II, dove i sindacalisti hanno proseguito nella raccolta delle firme per i referendum sul lavoro, ma l’argomento sanità è stato al centro dell’iniziativa.

«I cittadini non hanno più i loro presidi di sanità – ha spiegato il segretario regionale Cgil Angelo Sposato – a partire dalla rete ospedaliera ma anche dalla medicina territoriale molto carente. Nelle aree interne si chiudono guardie mediche, gli ospedali sono depauperati, mancano medici ed infermieri, non c’è una organizzazione ospedaliera confacente ai diritti alla salute dei malati e di tutti i cittadini».

Insomma la narrazione del caos e delle disfunzioni in cui versa la sanità calabrese è sempre la stessa e la Cgil insieme al Comitato cittadino non intende abbassare la guardia e chiede un confronto urgente con la Regione. Confronto che a quanto pare stenta ad avvenire. «Tutto è accentrato nelle mani della dirigenza - ha infatti spiegato Sposato - quello che chiediamo è lo sblocco delle assunzioni di medici ed infermieri ma anche una discussione con le autorità sanitarie locali. Abbiamo notato che le Asp non vogliono dialogare con il sindacato e non ne capiamo il motivo. Chiediamo inoltre alla Giunta regionale di cambiare passo perché, è del tutto evidente, il problema esiste con il tavolo interministeriale e con il Governo che non consente di fare assunzioni in Calabria».

Anche Amalia Bruni ha ribadito la necessità di sbloccare la vicenda sanitaria a partire dal presidio di Lamezia. «Noi vogliamo una sanità a misura di cittadino. Noi stiamo con tutti coloro che si muovono in questa direzione. Oggi stiamo con i sindacati a manifestare perché dobbiamo far capire al presidente Occhiuto che non abbiamo ancora visto i risultati del suo essere commissario della sanità calabrese. Nessun passo avanti sulla riorganizzazione, sulle liste d’attesa, sui servizi di emergenza e d’urgenza la piaga è drammatica. Qui continuiamo a mandare le ambulanze senza medici. Noi non usciremo mai da questa situazione di passivo se continueremo a pagare 600 milioni all’anno di emigrazione sanitaria».

Per la Cgil la strada è quella di assumere la vertenza sulla sanità calabrese come una vertenza nazionale. La Cgil rivendica dunque il suo ruolo di parte sociale ed il suo impegno nella difesa di ciò che resta della sanità pubblica. «Perché la nostra Regione sta pagando - sempre Angelo Sposato - in mobilità passiva gli ospedali di altre regioni d’Italia. La gente fatica a curarsi perché non ce la fa ad andare nella sanità privata. Il pubblico non funziona, le liste d’attesa sono troppo lunghe e la gente non ce la fa più e spesso rinuncia a curarsi. Serve anche una verifica sugli accreditamenti della sanità privata che ormai sta sostituendo il pubblico».