È arrivato alle battute finali il triste copione che racconta la storia del glorioso Scillesi d’America, ospedale nato grazie ai sacrifici dei cittadini emigrati e morto dopo anni di agonia dettata da una gestione della sanità pubblica che non ha di certo brillato per i risultati raggiunti.

Oggi l’immensa struttura si presenta abbandonata e con un foglio A4 affisso all’ingresso che recita: “Divieto d’accesso”. Proprio così, dal 23 settembre l’ex nosocomio ha chiuso i battenti in attesa che i pochi reparti rimasti vengano ricollocati in strutture adeguate e sicure.

A decretarne la fine è stata la sentenza dell’Asp che, dopo i rilievi di Invitalia (ditta che doveva occuparsi dei lavori di riqualificazione per la riconversione in Casa della salute) ha certificato che la struttura non è sicura. E le parole, dell’ormai ex sindaco di Scilla, Pasqualino Ciccone durante l’ultimo sit-in, hanno lanciato l’ennesimo allarme: «Secondo quanto determinato i costi per ristrutturarlo potrebbero essere eccessivi e si pensa alla demolizione ma forse questo messaggio non è ancora chiaro».

Adesso i cittadini chiedono di sapere la verità, di aprire un’indagine per accertare le responsabilità e verificare se quanto affermato corrisponde al vero. Sono scettici e mal pensanti perché negli anni, già dal lontano 1996, sono stati abituati a vedere l’ospedale di Scilla saccheggiato e privato volta dopo volta di tanti servizi.
Sono stati persi anni e fondi, l’ospedale ha atteso invano la riconversione in Casa della Salute e tra un commissario e l’altro i finanziamenti sono stati dimezzati, restituiti al mittente, in sintesi persi.

Ma rimane il rammarico di chi questo ospedale lo ha visto nascere con i sacrifici dei padri, gli Scillesi d’America che hanno creato questa realtà che oggi, dopo 50 anni, cade a pezzi. E i 9 milioni rimasti sono solo una parte. Tutto il resto è andato perso come ci spiega il dottor Camelo Lagana, figlio dell’insegnate Rocco Laganà che è stato tra i fondatori del comitato pro ospedale di Scilla. Una storia fatta di impegno da parte degli scillesi che rischiava di scomparire. «Sono decenni che quei fondi sono stati destinati alla riconversione dell’ospedale in Casa della Salute ma Scilla non ha potuto avere questi finanziamenti perché i politici che si sono succeduti, nell’arco di un decennio, non hanno fatto nulla affinché questi soldi venissero spesi».

Si era riaccesa una luce in fondo al tunnel proprio quando lo Scillesi d’America ha dimostrato di poter fare tanto per il territorio durante la pandemia. Servendo un bacino di quasi 80mila abitanti, è stato centro fondamentale tanto per effettuare i tamponi quanto per le vaccinazioni. Ma questo non basta a recuperare anni e anni di abbandono. «Si poteva fare prima senza aspettare che la struttura si deteriorasse così, si poteva fare nell’arco di un decennio e i fondi non sarebbero stati così decurtati».

Si respira rabbia tra gli scillesi per tutto quello che poteva essere fatto e, invece, è stato ignorato seguendo una logica che faticano a spiegarsi: «Ci devono dire perché qui vogliono solo distruggere. Qui non è morto mai nessuno, anzi, qui la gente è stata salvata e curata e invece di implementare un servizio funzionanti hanno prima trasferito durante la notte due sale operatorie perfettamente funzionanti e a norma, poi hanno tolto la dialisi, l’oncologia e infine il punto di primo intervento fondamentale per salvare vite in attesa di trasferire i pazienti al Gom. E adesso questo colpo finale».

Vogliono vederci chiaro gli scillesi, non intendono fermarsi e si costituiranno in un comitato per chiedere ulteriori verifiche sullo stato della struttura e comprendere come salvare il salvabile, ad esempio trasferendo i reparti nella parte dell’ospedale vecchio che, per assurdo, è più sicura rispetto a quella ristrutturata nel 2011.