VIDEO | A Lamezia Progetto Sud e Comunità Competente si oppongono al disegno di legge e chiedono una riforma che vada ad interagire su un sistema regionale quasi desertificato nei suoi elementi strategici
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«Sì ai livelli essenziali di assistenza fruibili in ogni regione italiana! Diciamo No a 21 Servizi Sanitari Regionali Differenziati». È questo lo slogan con il quale Comunità Competente e Progetto Sud si oppongono al regionalismo differenziato, con particolare riferimento alla sanità.
Da sempre il tallone d’Achille della Calabria, se si portasse avanti il disegno di legge sulla “Autonomia Differenziata Regionale”, la punta dello stivale ne rimarrebbe schiacciata e con essa diritti fondamentali e che la Costituzione dovrebbe tutelare. Se ne è parlato a Lamezia durante un incontro alla quale hanno preso parte don Giacomo Panizza, presidente Progetto Sud, Rubens Curia, portavoce Comunità Competente, Antonia Romano, presidente Comitato Salute Pubblica Esaro-Pollino e la giornalista Maria Pia Tucci.
Non le ha mandate a dire il sacerdote bresciano: «I servizi devono essere localizzati, non differenziati per avere in tutta Italia, in tutte le regioni gli stessi diritti, dalla cura alla riabilitazione». Una prospettiva quella della differenziazione per Curia “disgregante” e che dovrebbe mettere in allerta non solo la Calabria ma tutto il Paese. Il portavoce di Comunità Competente parla anche di un’ipocrisia di fondo lì dove si voglia far pensare ad una maggiore autonomia che però riuscirà solo in regioni come il Veneto a portare ai suoi frutti.
«In un momento in cui il Covid ha dimostrato che la centralizzazione di alcuni aspetti, la solidarietà tra Stato e Regioni, è fondamentale viene tirato fuori un'altra volta il regionalismo differenziato», ha detto. Ma Comunità Competente non si limita a fare le pulci al disegno di legge, anzi tira fuori anche le proposte.
Una riforma per la Calabria
A partire da una riforma organica che vada a valorizzare la medicina del territorio ormai desertificata. «Non abbiamo nulla – dice Curia – dalla Case della Salute ai consultori ormai svuotati così come i dipartimenti di salute mentale. Dove vogliamo andare se il territorio non funzionale e l’ospedale ne è una surroga, ma non riesce ad esserlo nelle pratica?»
L'edilizia sanitaria
Sollevata anche la questione dei finanziamenti per l’edilizia sanitaria. «Abbiamo un miliardo e 400 milioni di euro da spendere. Chiediamo allora al neo governatore un colpo di reni e che questi fondi vengano utilizzati».
La Calabria, hanno affermato i relatori, deve poter disporre dei livelli essenziali di salute come qualsiasi regione italiana, e non più di un Servizio Sanitario economicamente debole a differenza di altre Regioni forti a cui sarebbe consentita l’autonomia riguardo alle politiche di gestione del personale, delle attività libero professionali, del sistema tariffario, dell’accesso alle scuole di specializzazione, della governance delle Aziende Sanitarie e altro ancora.
Fare rete
Da qui la richiesta di fare quadrato rivolta alla popolazione, alla delegazione parlamentare calabrese, al Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, ai nostri Consiglieri Regionali, alle Conferenze dei Sindaci, ai Sindacati di opporsi al disegno che «se attuato, darebbe un colpo mortale al Servizio sanitario nazionale Pubblico».