È diventato un caso di studio la sanità calabrese. Non solo a livello nazionale. Dopo 14 anni di commissariamento, con la gestione del comparto affidata direttamente allo Stato, i macro dati del settore sono uguali se non peggio a quelli del 2009, anno di inizio del commissariamento.

Il primo dato da cui partire sono i Lea (livelli essenziali di assistenza) un coefficiente attraverso il quale si calcola il livello delle prestazioni e dei servizi che il servizio sanitario riesce ad erogare ai cittadini. Il numerino che riguarda la Calabria è sceso a 125, praticamente il più basso d’Italia. La soglia minima fissata dal Ministero della Salute è 160 ma ci sono regioni, come ad esempio l’Emilia Romagna, dove l’indice tocca i 280 punti.

Basterebbe questo dato per sintetizzare la situazione complessiva calabrese. Ma andiamo oltre perché strettamente connesso a questo dato c’è quello sulla migrazione passiva. Il basso livello dei Lea indica che i calabresi non riescono ad ottenere risposte, o almeno non ne hanno la percezione, dal nostro sistema sanitario e le cercano fuori regione, in particolare in quelle che ritengono più all’avanguardia come Lombardia e Emilia Romagna. Dopo il periodo Covid in cui il fenomeno aveva conosciuto una contrazione, da qualche anno a questa parte, la migrazione passiva è tornata a crescere arrivando a sfiorare un valore vicino ai 300 milioni l’anno. Soldi che vengono sborsati da tutti i calabresi che da 14 anni, ovvero quando è entrato in vigore il Piano di rientro dal debito sanitario, pagano il massimo sulle addizionali regionali Irap e Irpef. Non solo, ma si tratta di un volume di risorse che vengono sottratte alla nostra sanità e che si rivelano assolutamente improduttive per il nostro sistema.

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La quantificazione del debito

A questo proposito, ovvero sotto il profilo dei conti, il commissario nonché presidente della giunta regionale, Roberto Occhiuto, ha avviato una faticosa procedura di quantificazione del debito. Il presidente/commissario dice che in fondo la Calabria è in linea con le altre regioni, ma la certezza sui conti è ancora di là da venire. Una prova? L’Asp di Cosenza ha dovuto recentemente chiedere una anticipazione di cassa per garantire la regolarità dei pagamenti.  Non solo, ma nella legge “omnibus” dello scorso anno si è inserito un emendamento in deroga agli ordinari principi contabili per cui è possibile approvare i nuovi bilanci delle aziende sanitarie e ospedaliere pur in assenza dell’approvazione dei vecchi.
Un escamotage contabile, appunto, per cercare di mettere un punto alla situazione. Altra vecchia questione è quella del contenzioso. È noto lo scandalo del doppio pagamento delle fatture e comunque dell’ammontare di un contenzioso che spesso sembra fuori controllo anche per la costante aggressione di imprese e fornitori. Occhiuto aveva provato a far approvare una norma che bloccasse i pignoramenti per un determinato periodo di tempo ad Asp e aziende ospedaliere ma la norma è stata poi cassata dalla Corte costituzionale che vi ha ravvisato profili di illegittimità.

Posti letto

Altro problema riguarda i posti letto di cui c’è drammatica carenza. Per rendersene conto basta dare uno sguardo a quello che succede in provincia di Cosenza. Qui l’ospedale Hub dell’Annunziata sulla carta ha 709 posti letto, ma ad oggi di operativi ce ne sono solo 425. Per questo al Pronto Soccorso di Cosenza è stata aperta una apposita ala, open space, dove vengono sistemate le persone che hanno già avuto una diagnosi, ma non trovano posto nei reparti. La situazione non cambia se passiamo agli spoke del territorio come Castrovillari, ad esempio. Il nosocomio del Pollino sulla carta ha una dotazione di 223 posti letto, in realtà di operativi ce ne sono solo 91. Potremmo continuare ancora nella disamina e ci accorgeremo che in provincia di Cosenza manca quasi un ospedale intero.

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Liste d’attesa

Diretta conseguenza di tutto ciò sono le liste d’attesa. Un problema che riguarda tutto il paese al punto che il Governo ha recentemente stanziato dei fondi per abbattere i tempi. Per ora i risultati non si sono visti e, solo a titolo di esempio, i dati che vengono fuori dal Cup dell’Annunziata di Cosenza dicono che per una colonscopia bisogna aspettare ottobre 2024; per una cardio tac con mezzo di contrasto si arriva al 25 settembre 2025; per un’ecografia in ospedale siamo al luglio 2024 e così via.

Il problema, come dicevamo prima, è dovuto alle carenze infrastrutturali che non si capisce bene perché non si riescono a colmare. I tre nuovi ospedali (Sibaritide, Vibo e Gioia Tauro) finanziati nel 2004 ancora sono ben lontani dal vedere la luce. La Calabria però ha in pancia qualcosa come oltre due miliardi per ospedali, poliambulatori, ristrutturazione e potenziamento dei nosocomi esistenti e acquisto nuove tecnologie. Questi soldi però non riescono ad essere messi a terra.

Per restare in tema, ci sono poi altre due questioni da sollevare. Il primo è il Pnrr sanità, sul quale bisognerebbe fare chiarezza. Il Governo ha tagliato del 20% i fondi per realizzare case e ospedali di comunità. Come si rifletterà questo taglio sulla Calabria? Quali strutture verranno messe da parte e quali realizzate? Anche su questo non si hanno risposte. Così come in tanti si chiedono a che punto sia lo stato di attuazione delle procedure previste per l’attivazione definitiva dell’azienda ospedaliera universitaria “R. Dulbecco” di Catanzaro, altro progetto dalla gestione complicata.

Si dirà che è inutile costruire ospedali e case di cure in assenza di personale medico e infermieristico. Occhiuto ha ovviato con il reclutamento dei medici cubani che certamente ha dato una grossa mano al nostro sistema sanitario, ma è evidente che non basta e soprattutto che è una soluzione temporanea e non strutturale.

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Piano assunzione

Anche su questo fronte la Calabria non ha problemi di soldi. Nei vari decreti Calabria sono state stanziate somme aggiuntive proprio per avviare un piano di assunzioni straordinario che però stenta a partire. Anche la circostanza della carenza di queste figure professionali è smentita dai fatti. Il recente concorso bandito dall’Asp di Catanzaro ha avuto un'adesione vicina al doppio dei posti disponibili. Non stiamo parlando di figure poco specializzate, anzi. Nel bando si prevedeva l’assunzione anche di rianimatori, anestesisti ecc. Il segreto è stato quello di offrire un posto di lavoro a tempo indeterminato anziché i soliti contratti a pochi mesi. Se l’offerta di lavoro è buona, i medici si trovano. Occhiuto lo sa e sta lavorando con il Governo per qualificare la Calabria come area disagiata, un po’ come si fa per i magistrati. Questo significa riconoscere benefit aggiuntivi a chi sceglie di lavorare qui.

Insomma nella nostra sanità qualcosa si muove ma c’è ancora tanto da fare. A partire dall’agenzia immaginata da Occhiuto, la famosa Azienda zero, che ancora non riesce a decollare. Al momento si è limitata a delegare i suoi compiti all’Asp di Cosenza per l’organizzazione dell’emergenza/urgenza e a quella di Catanzaro per il problema delle assunzioni. Sullo sfondo i dubbi del tavolo interministeriale di controllo che intravede nell’agenzia profili di illegittimità in quanto rappresenterebbe un duplicato delle funzioni già assegnate al Dipartimento regionale Salute. Un problema che va risolto al più presto soprattutto se si considera la fuga di personale da quel Dipartimento che è rimasto spoglio o quasi.

Roberto Occhiuto che è il primo presidente di giunta regionale a ricoprire anche il ruolo di commissario per il piano di rientro, ha ben presente tutte queste problematiche e sa anche che deve accelerare per riportare la nostra sanità ad un livello accettabile sia pure in un quadro complessivo di crisi, se non di arretramento, della sanità pubblica in tutto il Paese.