Per l’esponente dem tre lustri di commissariamento non hanno determinato alcuna svolta, a differenza di quanto avvenuto in altre parti d’Italia: «Occhiuto contro il “suo” Governo mi ricorda Oliverio che si voleva incatenare davanti a Palazzo Chigi»
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C’è un motivo per cui dieci regioni italiane sono riuscite in soli tre anni ad uscire dal piano di rientro e la Calabria dopo quattordici anni ancora no? Questo nonostante il Governo abbia licenziato ben cinque decreti recanti misure urgenti per risollevare la nostra sanità conferendo maggiori poteri e maggiori risorse al commissario ad acta. Non solo ma varando anche leggi controverse come quella che permette alle aziende sanitarie di approvare i bilanci anche in assenza di approvazione di quelli degli anni precedenti. Nonostante tutto questo abbiamo i Lea più bassi d’Italia. Carlo Guccione esordisce così nella conferenza stampa convocata a Palazzo dei Bruzi a Cosenza insieme al presidente del consiglio comunale, Giuseppe Mazzuca e al sindaco di Acri, Pino Capalbo.
Migrazione sanitaria
La domanda ovviamente sottende una risposta che Guccione non dà esplicitamente, ma lascia intuire attraverso alcuni dati che dimostrano come dal 2009 ad oggi la sanità calabrese sia rimasta sostanzialmente immutata. Così l’esponente dem cita i dati della migrazione sanitaria che ammontano a circa 280 milioni l’anno, con i calabresi che si vanno a curare soprattutto nelle strutture private del centro nord. Parla della nebulosa del contenzioso e degli interessi che stanno venendo fuori da alcune inchieste come quella della Procura di Milano sulle società di cartolarizzazione. Insomma per Guccione è evidente che c’è un interesse a tenere la Calabria in questa situazione. Da qui l’appello dell’esponente del Pd ad avviare una discussione corale sulla sanità fuori dalle magliette di partito per mettere al centro un concetto ovvero che affrontare la questione in termini economico-finanziari non ci porterà mai alla fine del Piano di rientro.
Guccione dice che Occhiuto, nel suo ruolo di commissario, gli offre un dejà vu. «È in polemica con il governo del suo stesso colore politico al punto che notte tempo è costretto a varare un decreto per impegnare tutti i fondi ex. art. 20 che Fitto voleva togliergli. Mi ricorda quando Mario Oliverio, in polemica con un governo di centrosinistra, minacciava di incatenarsi davanti Palazzo Chigi. Insomma cambiano gli attori ma la situazione è sempre uguale». Guccione fa anche riferimento al piano operativo triennale, che poi sarebbero le regole d’ingaggio del commissario, e dice che quello attuale che scadrà nel 2025 contiene le stesse prescrizioni del 2009. Con ogni probabilità quindi il tavolo interministeriale ne farà un altro, magari con le stesse prescrizioni.
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Occhiuto e i tre decreti
«A nulla vale lo sforzo di Occhiuto di licenziare ben tre dca che disegnano la rete ospedaliera se poi lui stesso ammette che forse nemmeno l’ultimo verrà approvato dal tavolo. Il problema - conclude Guccione - è che questi Dca resteranno solo sulla carta perché non abbiamo le risorse umane ed economiche per attivare i posti letto. C’è poi il problema della sanità territoriale, la cui importanza ci è stata dimostrata con grande evidenza dalla pandemia. In Calabria non è stato realizzato un solo ospedale o casa di comunità».
Il nuovo ospedale di Cosenza
Mazzuca e Capalbo hanno portato poi esempi concreti dei problemi della sanità calabrese. Mazzuca dopo aver detto che il commissariamento ormai è un ossimoro visto che dura da 14 anni, ha chiesto al presidente/commissario Occhiuto cosa ha intenzione di fare sul nuovo ospedale di Cosenza. «Questo consiglio comunale ha approvato, come era nelle sue prerogative, l’ubicazione del sito del nuovo ospedale. Lo ha fatto sulla base di uno studio di fattibilità che è costato oltre 400mila euro. Abbiamo trasmesso la delibera alla Regione ma da allora non c’è stato né un incontro che pure avevamo chiesto né una presa di posizione ufficiale. Al contrario la Regione ha affidato ad una società un nuovo studio di fattibilità in cui ha inserito l’area di Arcavacata ed ha persino chiesto alla società incaricata di individuare un sito alternativo ai due. Io credo che sia una anomalia affidare ad una società privata una scelta del genere quando c’è una precisa presa di posizione del consiglio comunale.
Penso che dalla Regione siano interessati a far nascere il policlinico universitario ad Arcavacata, ma Cosenza ha un ospedale il cui corpo più recente risale a 50 anni fa, mentre quello storico addirittura agli anni ‘30. È urgente allora capirsi sul punto perché in ospedale non si riescono più a garantire cure per mancanza non solo di personale, ma anche di spazi». Mazzuca dà anche una statistica secondo la quale l’attesa media prima di un ricovero è fra i tre e i quattro giorni. Il punto è che mancano quasi 300 posti letto per cui nell’area del Pronto Soccorso si è ricavato un open space dove vengono parcheggiati i pazienti che hanno ricevuto una diagnosi, ma non hanno il posto in reparto per carenza di letti.
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La battaglia per l'ospedale di Acri
Infine Pino Capalbo ha ricordato la sua battaglia per l’ospedale di Acri che si è visto ridurre i posti letto nell’ultimo Dca. Il sindaco dice di non voler aizzare lotte di campanile, ma sottolinea come nei comuni amministrati dal centrodestra i posti letto sono aumentati. «È come se il commissario avesse voluto mettere delle bandierine, ma non è così che si gestisce la sanità. abbiamo il paradosso che Corigliano Rossano ha due ospedali, cariati ne ha uno, Trebisacce sta per riaprire, poi c’è Castrovillari. La zona jonica, quindi ha ben cinque ospedali, Acri che è sede disagiata viene spogliato sempre di più. Eppure le statistiche di Agenas ci dicono che fra gli ospedali di zone disagiate è quello che negli anni ha mostrato le migliori performance. Va considerato che per raggiungere Corigliano Rossano da Acri serve quasi un’ora».
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Capalbo, come detto anche nell’intervista rilasciata a Cosenza channel, parla anche di danno erariale. Dice che l’ospedale di Acri ha un solo radiologo che va lì solo al lunedì. Eppure l’ospedale ha in dotazione una risonanza di ultima generazione che deve stare accesa sette giorni su sette con un costo annuale che si avvicina ai cinquantamila euro. Capalbo aggiunge che avrebbe voluto confrontarsi su queste cose con il commissario, ma non è riuscito ad avere un incontro. Da qui il corteo che si è svolto nella sua città e la protesta che si sta organizzando sotto le finestre della Cittadella. In mezzo anche un ricorso contro l’ultimo Dca. Proprio oggi la giunta acrese ha dato mandato a un avvocato di impugnarlo dinanzi il Tar.