C’è un disegno in Italia, più o meno occulto, di arrivare a una progressiva privatizzazione della sanità pubblica? Questo il filo conduttore della trasmissione “Presa Diretta” di Riccardo Iacona che ha dedicato la puntata “Sanità Spa” al tema.

Il punto di partenza è lo stato della sanità pubblica in Italia a cui nessuno sembra veramente interessato, se non una parte di medici che eroicamente rifiuta le sirene del privato o dell’estero, magari nella vicina Francia dove gli stipendi sono tre volte superiori.

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In Italia, invece, l’assistenza universalistica, che è un grande indice del tasso di democrazia di un Paese, è seriamente minacciato dall’inerzia del sistema politico. Questa è visibile sia al Nord che al Sud del Paese. La puntata infatti è divisa esattamente a metà con un giro in Lombardia dove aumentano i pronto soccorso privati a pagamento e dove i gettonisti garantiscono sempre più turni negli ospedali pubblici. Quest’ultimi ci sono costati dal 2019 al 2023 1,7 miliardi.

Dall’altro capo dell’Italia c’è la Calabria dove in luogo dei gettonisti abbiamo chiamato i cubani che non possono essere una soluzione strutturale ma hanno tamponato un'emergenza. La sanità va avanti grazie a medici come Vincenzo Amodeo che sta combattendo per portare una degna cardiologia nella Locride. Primario a Polistena e, ad interim, anche a Locri da qui si è dovuto dimettere, come provocazione, per avere almeno le condizioni minime di partenza.

L’inerzia sta tutta nei ritardi con i quali si effettuano gli investimenti in edilizia sanitaria. La trasmissione cita due esempi. L’ospedale di Locri, destinatario nel 1998 di un finanziamento di 12 milioni; quello di Siderno destinatario dal 2012 di nove milioni. Ovviamente non si è mossa una pietra e ovviamente i rappresentanti dei due comitati cittadini in difesa dell’ospedale fanno notare che con l’inflazione adesso con quei soldi ci si può ristrutturare al massimo un’ala. Due esempi, ai quali si potrebbero aggiungere quelli dei tre grandi ospedali finanziati nel 2004 e che ancora non hanno visto la luce.

Mentre il pubblico langue il privato si allarga. Lo dicono i numeri della Bocconi (l’aumento delle Rsa dal 1998 al 2021 è stato dell’80%), ma soprattutto della Svimez che parla di diritti sanitari insoddisfacenti, prevenzione carente e fuga di pazienti oncologici pari al 43%. Tradotto in soldoni nel 2023 la Calabria ha speso circa 270 milioni in migrazione sanitaria, soldi che vanno a rafforzare i sistemi sanitari di altre regioni.

Carenza di strutture e carenza di medici, ma c’è spazio anche per il problema del debito. Flash sul centro diagnostico della Locride con fatture pagate due volte e i dirigenti dell’Asp condannati ad un danno erariale di 4 milioni. Una vicenda che in questi giorni è di stretta attualità.

Ma il vero grimaldello che rischia di scardinare il sistema pubblico sono le liste d'attesa. Pensare di dover fare una colonscopia dal pubblico significa attese incalcolabili. La giornalista di Presa Diretta prova a prenotarla all’ospedale di Locri, ma le dicono che l’agenda è chiusa. La commissaria dell’Asp, Lucia di Furia, è sorpresa e annuncia provvedimenti. Poi parla del clima che si vive ricordando che appena arrivata è scattata una retata che ha portato via anche dei medici. Già ne avevamo pochi, ironizza. E allora chi ci mettiamo a lavorare nelle nascenti, si spera, case e ospedali di comunità? Bella domanda, dice la Di Furia. Una risposta hanno provato a darla i senatori del Pd Andrea Crisanti e NIcola Irto che hanno presentato una proposta di legge per togliere ai presidenti di regione la possibilità di nominare i manager delle aziende sanitarie e ospedaliere. Questi dovrebbero essere nominati da comitati indipendenti di cittadini, lasciando alla politica solo il potere di indirizzo e di controllo. Certo non sarà la panacea di tutti i mali, ma potrebbe essere il primo passo per sciogliere un abbraccio che molti definiscono mortale: quello fra sanità e politica.