Non è ancora arrivato il tempo di cantare vittoria. Tante, troppe sono le lacune di un sistema sanitario che per anni ha subito scippi, abbandono, commissariamenti e umiliazioni di ogni tipo. Gli sforzi compiuti negli ultimi anni sono innegabili ma l’obiettivo è ancora lontano. Una terra martoriata dalla criminalità organizzata che negli anni non ha di certo risparmiato il sistema sanitario usato, invece, come un bancomat della ‘ndrangheta e non solo.
Un cambio di passo c’è stato ma non basta e giornalmente riceviamo richieste di aiuto, denunce e quel che è più grave segnalazioni di violenza all’interno dei nosocomi reggini. Una situazione diventata insostenibile. Un rapporto di fiducia, quello necessario tra medico e paziente, che appare ormai inevitabilmente compromesso da anni di mancanze, carenze e inefficienze che hanno portato a una sfiducia totale.

La sfida adesso si gioca su più cambi: infrastrutture, organico, tecnologia all’avanguardia e risorse adeguate. Insomma, tagliare nastri e inaugurare reparti all’interno di strutture fatiscenti che cadono a pezzi non basta a placare gli animi di chi è costretto a curarsi in luoghi inadeguati e con personale ridotto all’osso. È vero, i concorsi sono stati finalmente sbloccati ma sempre più medici scelgono di non esercitare in Calabria. Una terra che restituisce di sé un’immagine ostile e la cronaca, purtroppo, non fa altro che peggiorare la già inesistente appetibilità di un territorio che dovrebbe rivedere l’intero sistema partendo proprio dall’emergenza urgenza. Dai medici di base alle guardie mediche prima di arrivare ai Pronto soccorso diventati ormai delle vere e proprie trincee.

Un territorio vasto, frastagliato e che deve fare i conti con collegamenti ancora totalmente inadeguati. Così pur aumentando le ambulanze è impossibile coprire l’intero territorio. Così dall’ospedale di Locri a quello di Polistena, oggetto di un lifting necessario dopo la boccata d’ossigeno data dai cubani che ne hanno risollevato le sorti, in frontiera rimangono Gioia Tauro e Melito Porto Salvo mentre su Scilla è ormai calata la scure della chiusura e nel silenzio più totale muore un presidio sanitario che serviva un bacino d’utenza di 50 mila abitanti.

L’ospedale di Locri tra annunci e realtà

Non sappiamo se l’annuncio del governatore della Calabria Roberto Occhiuto, in occasione dell’inaugurazione del reparto di oncologia, sull’arrivo di 40 milioni da destinare al nosocomio di Locri possa bastare a far guadagnare punti in termini di reputation di certo, al momento, in questo ospedale non ci vuole andare a lavorare nessuno. I concorsi continuano ad andare deserti mentre il personale ormai stremato si dimette e l’unica salvezza sono stati i cubani che hanno reso possibile continuare ad erogare servizi che, diversamente, sarebbero stati sospesi. Ma perché l’ospedale di Locri è così “repellente” o poco attraente? Basta farsi un giro in assenza di inaugurazioni o tagli di nastri. E fin dall’ingresso è possibile vedere come la struttura sia totalmente disastrata. E se l’abito non fa il monaco va detto che entrando la situazione non migliora.

I lifting effettuati negli ultimi anni hanno senza dubbio migliorato leggermente la situazione ma se sono necessari 40 milioni per mettere a norma la struttura un motivo ci sarà.

Una struttura immensa che conta, però, solo 250 posti letto. Un dato effimero sempre legato alla carenza di personale. Stesso motivo rende il pronto soccorso una bomba ad orologeria dove ogni turno è una lotta per la sopravvivenza con personale stremato e ridotto all’osso. Aprire l’oncologia è stato un raggio di luce in un tunnel buio e lungo in cui da anni sembra essere intrappolato il nosocomio che, però, è di vitale importanza per un territorio troppo vasto e mal collegato per rimanere scoperto dall’unico presidio sanitario.

L’ospedale di Polistena cerca di recuperare il terreno perduto

È una corsa verso la rinascita quella dell’ospedale di Polistena che per anni è stato abbandonato fino a diventare un vero e proprio ospedale degli orrori. Lo abbiamo raccontato in tutte le salse come di mala sanità si possa morire e per tanto tempo questo nosocomio è stato teatro di episodi incresciosi e chiusure inevitabili. Uno dopo l’altro diversi sono stati i reparti che hanno abbandonato la struttura fino ad essere rimasta totalmente spoglia. Anche il pronto soccorso, ormai ridotto ai minimi termini, è stato oggetto di un restyling inevitabile per poter sopravvivere.

Anche per il “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena si sogna in grande dopo anni di abbandono. Sono stati annunciati diversi interventi già in programma, atti concreti previsti a breve tempo. Il direttore generale dell’Asp Lucia Di Furia ha fatto sapere che i lavori per il reparto di oncologia sono in dirittura d’arrivo ed entro fine marzo è prevista una possibile apertura con 5 posti letto di day hospital e poltrone per garantire la chemioterapia.

Per il servizio di emodinamica è in corso un progetto di fattibilità con la consegna tra un paio di settimane, mentre procedono i lavori per le sale operatorie che saranno completate a fine aprile.
Per quanto riguarda la carenza di personale nella pianta organica dell’ospedale spoke di Polistena, Di Furia ha comunicato che i recenti concorsi hanno consentito di incrementare il numero di professionisti, tra cui anestesisti. Inoltre, sono stati confermati due anestesisti liberi professionisti a cui se ne aggiunge un terzo.

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