Per la prima volta in assoluto in un ospedale pubblico calabrese sono stati organizzati quattro posti letto a pagamento. L’iniziativa è dell’Annunziata di Cosenza e il reparto è quello di chirurgia toracica guidato dalla luminare Franca Melfi.
L’iniziativa ha fatto montare una fortissima polemica politica. È soprattutto il Pd a criticare la decisione, perché vi vede una sorta di precedente che potrebbe smontare il principio di fondo del nostro servizio sanitario nazionale gratuito e universale.
La denuncia è partita da Carlo Guccione, della direzione nazionale del Pd. Per rappresentante dem la previsione dei posti per solventi è «un fatto di una gravità inaudita, vuol dire che, a turno, 4 pazienti usufruiranno di un trattamento privilegiato, perché in grado di pagarsi personalmente o per il tramite di una compagnia assicurativa, l’intera prestazione ospedaliera. Sotto mentite spoglie è l’avvio della privatizzazione della sanità pubblica. In un ospedale nel quale mancano all’appello oltre 300 posti letto (su 730 posti letto previsti solo 425 attivi) già accreditati».

A Guccione ha fatto immediatamente eco il gruppo regionale del Pd. Il capogruppo Mimmo Bevacqua sottolinea che «Chirurgia toracica è un reparto importante dell’ospedale. Isolarla o comunque renderla più accessibile per i portafogli più capienti è totalmente sbagliato. La sanità pubblica e universalistica deve mettere tutti allo stesso livello senza alcuna distinzione economica. Il commissario De Salazar, nell’interesse di tutti, chiarisca».
Critico anche il senatore Nicola Irto, segretario regionale del partito. «Il sistema sanitario calabrese è in ginocchio, i cittadini sono costretti a migrare per vedersi garantito il diritto alla salute, mancano posti e personale, ma a Cosenza si trova il tempo per fare le prove generali di quello che è un chiaro obiettivo del governo Meloni, avallato dalla Regione Calabria e dal commissario regionale alla sanità: privatizzare la sanità!». Irto conclude la sua nota sostenendo che il Pd valuterà ogni iniziativa politica per bloccare quella che definisce una deriva.

Sorpreso dalle critiche è il direttore generale dell’azienda ospedaliera dell’Annunziata, Vitaliano De Salazar. Il manager sostiene di non aver fatto altro che applicare la legge, tra l’altro firmata da Rosy Bindi che del Pd è stata presidente. La legge prevede la possibilità per i medici del servizio pubblico di sviluppare attività intramoenia anche in campo chirurgico. È un modo – dice – per evitare la fuga di pazienti verso il privato. Ed aggiunge che parte dei ricavi sono destinati all’azienda ospedaliera che è obbligata a reinvestirli in attrezzature e macchinari.

In particolare, secondo quanto prevede la legge, il 5% del costo va all’ospedale, un altro 5% va al fondo perequativo a favore dei medici che non svolgono la libera professione, il resto va al medico che effettua l’intervento, al netto ovviamente dei costi. Al professionista, quindi, va circa il 60% lordo del costo dell’intervento.
De Salazar conclude sostenendo che i quattro posti letto a pagamento sono stati avviati al termine di un accordo sindacale.

La polemica comunque è destinata a continuare. Nicola Irto è dell’idea che il problema non sia la legge, che fra l’altro risale a venticinque anni fa. «Tutti conosciamo la norma, ma il problema è l’opportunità di applicarla. Mi sembra lunare che in un ospedale in cui mancano posti letto quattro vengano congelati per utilizzarli per le attività private. Non è un caso se in Italia, dove la disponibilità di posti letto è preoccupante, sono pochissimi gli ospedali che hanno applicato la legge. Di certo non lo ha fatto nessuno in Calabria, nemmeno il Gom di Reggio Calabria che è l’ospedale più grande della regione e non ha problemi di bilancio. Ribadiamo quindi la nostra ferma contrarietà a questa operazione»