Le cure sono lontane, a volte lontanissime. E per chi ha bisogno di assistenza immediata questa lontananza può essere fatale. In Calabria le difficoltà dell’emergenza-urgenza sono fatte di pochi medici, mezzi scarsi (o antiquati), strade dissestate e strutture di cura lontane dalle periferie. Le analisi dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e uno studio dell’Università Mediterranea lo mettono nero su bianco: le distanze per arrivare alle strutture sono, per troppi calabresi, eccessive. Quell’eccesso può segnare la differenza tra la vita e la morte.

Calabria maglia nera per i tempi di soccorso

Il Nuovo sistema di Garanzia, edizione aggiornata dei Lea presentata nei mesi scorsi al ministero della Salute, lo aveva messo nero su bianco. Se i tempi di soccorso del sistema 118 in Italia vanno migliorando con una media nazionale di 19 minuti, la Calabria conferma una delle sue tante maglie nere: ha i tempi di soccorso più lenti, 28 minuti. Altro lascito di 14 anni di Piano di rientro e di un sistema sanitario che fatica a tornare normale.

Le tragedie di Praia e San Giovanni in Fiore

Le cronache, al tramonto delle festività natalizie, confermano una precarietà diventata ormai strutturale. A Praia a Mare un 47enne è stato soccorso da un’ambulanza senza medico dopo un malore cardiaco che lo ha stroncato nonostante il tentativo di raggiungere l’ospedale più vicino. A San Giovanni in Fiore, poche ore dopo, un 48enne è morto, dopo aver trascorso diverse ore nel Pronto soccorso dell’ospedale silano, durante il trasporto a Cosenza.

Due episodi, purtroppo non gli unici, che riaprono il tema della difficoltà di accesso alle cure nelle aree periferiche. Praia a Mare e San Giovanni in Fiore hanno in comune il depotenziamento dei due ospedali che, come altri in Calabria, erano punti di riferimento nelle zone più difficilmente raggiungibili della regione prima che la mannaia dei tagli si abbattesse sulla sanità.

La ricerca dell’Università Mediterranea

Di emergenza-urgenza e trasporti si occupa una ricerca prodotta nei mesi scorsi dall’Università Mediterranea, firmata dai docenti Domenico Marino e Giuseppe Quattrone. Il focus è sulla provincia di Reggio Calabria e, in particolare, sulle difficoltà di raggiungere strutture adeguate a intervenire su un’emergenza cardiologica. Si tratta di casi – forse non troppo diversi da quelli che registrati a Praia a Mare e San Giovanni in Fiore – in cui il fattore tempo assume un peso rilevante per la scelta della struttura di ricovero. Pochi minuti in più per l’accesso alle cure possono fare la differenza. Lo studio di Marino e Quattrone analizza proprio i tempi in relazione ai centri da raggiungere, considera l’eventualità di muoversi su un mezzo proprio o in ambulanza e traccia conclusioni che suonano preoccupanti.

La ricerca si concentra sulla domanda della popolazione calabrese con più di 65 anni e ipotizza tre scenari per questi pazienti. Nel primo il flusso raggiunge la prima struttura di ricovero con Utic (Unità di terapia intensiva cardiologica) e, in caso di indisponibilità del servizio di Angioplastica, viene riorientato verso la struttura in cui è presente il servizio.

Il secondo scenario si concentra sui pazienti che si recano direttamente in strutture con servizio di Angioplastica. Il terzo invece analizza il flusso per chi si reca in strutture con servizio di Angioplastica nel caso della chiusura di una delle strutture di ricovero in cui il servizio è presente. Tutti gli scenari riguardano la provincia di Reggio Calabria e ipotizzano una domanda di ricovero pari a 1.377 pazienti.

Pazienti con mezzi propri: quanto impiegano ad arrivare in reparto

Con il primo scenario di simulazione, nell’ipotesi di utilizzo esclusivo dei mezzi propri, la popolazione residente con età superiore a 65 anni che si trova a una distanza superiore ai 60 minuti dal servizio di Emodinamica è pari al 21,1% dei residenti.

Tale percentuale si riduce all’11,9% nell’ipotesi che i pazienti siano in grado di individuare come prima scelta la struttura in cui è presente il servizio di emodinamica (secondo scenario). Infine, simulando la chiusura di uno dei due servizi di emodinamica, la popolazione che si troverebbe a una distanza superiore ai 60 minuti dal servizio di Emodinamica aumenterebbe al 29,7% dei residenti in provincia.

I tempi per raggiungere le cure in ambulanza

Il modello che prevede l’arrivo in reparto con ambulanza analizza anche la differenza tra ambulanze con Ecg (Elettrocardiogramma) e senza. In questo caso, le differenze più marcate nei tempi di percorrenza si osservano per i pazienti che si trovano nei comuni più distanti dalle strutture di ricovero per i quali la mancanza di un Ecg potrebbe orientare verso strutture non idonee all’intervento sull’infarto del miocardio con conseguente riassegnazione del luogo di cura verso unità dotate di angioplastica. In questo caso la distanza supera i 60 minuti per il 24% della popolazione se l’ambulanza non è dotata di Ecg e per il 19,2% se è dotata di Ecg.

Lo scenario 3, invece, ipotizza la chiusura di un reparto di Cardiologia con servizio di Emodinamica. In questo caso, il modello ha stimato un incremento della distanza media tra comune di residenza e servizio di Emodinamica di 22 minuti rispetto allo scenario II e fatto passare dal 15,1% al 38.5% la popolazione con età superiore a 65 anni che dista oltre i 60 minuti dalla struttura di ricovero.

Il 38,5% dei pazienti dista più di un’ora dalle cure

Il percorso per arrivare ai numeri può apparire complesso ma le conclusioni sono chiarissime. Marino e Quattrone sottolineano che «l’analisi dei diversi scenari di trasporto sanitario in Calabria suggerisce che l’efficienza del sistema sanitario può essere significativamente migliorata attraverso un’attenta pianificazione e ottimizzazione delle risorse. Una componente chiave è l’accessibilità alle cure, particolarmente per i pazienti anziani e in condizioni critiche. Considerando, inoltre che le patologie ischemiche del miocardio rappresentano la principale causa di morte, soprattutto negli anziani, gli interventi per migliorare l’accesso alle cure sono degli strumenti che possono contribuire a salvare vite umane e/o ad assicurare una maggiore qualità della vita post malattia».

Confrontando i due modelli di simulazione (auto propria e ambulanza), «la popolazione che supera la soglia di un’ora per raggiungere i servizi di emodinamica va dal 21,1% (scenario 1 del modello basato sul trasporto proprio) al 38,5% (scenario 3 del modello con trasporto in ambulanza)».

È un dato «molto preoccupante» quello che il 38,5% della popolazione superi la soglia di un’ora per raggiungere i servizi di emodinamica, a maggior ragione perché il modello «è stato costruito per stimare il funzionamento del sistema in condizioni ottimali, ossia zero livello di congestione, zero errori da parte del personale delle ambulanze e numero infinito di ambulanze».

Scenario da sogno: la realtà però è molto diversa «perché i ritardi casuati da congestione del traffico sono significativi, errori od inconvenienti si possono verificare, ma soprattutto la disponibilità della ambulanze è generalmente molto limitata, spesso con una sola ambulanza che deve presidiare un territorio molto vasto per cui l’evasione di una richiesta di intervento è limitata dalla disponibilità effettiva in quel momento dell’ambulanza».

Insomma, «nella migliore delle ipotesi quasi 4 anziani su 10 rischiano un aumento del rischio di mortalità e morbilità che potrebbe sicuramente essere evitato con una maggiore efficienza del sistema dell’emergenza urgenza».