Quando nel 2007 la protezione civile nazionale certifica che nella terra di mezzo tra Rossano e Corigliano è necessario costruire un nuovo ospedale – così come a Vibo Valentia e nella Piana di Gioia Tauro – nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbero passati vent’anni, nel caso dell’ospedale della Sibaritide, o molti di più per gli altri due.
Quelli erano anni turbolenti per la sanità calabrese. Anni di travagliatissima transizione dalle undici Aziende sanitarie locali alle cinque Aziende sanitarie provinciali di Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone che appena tre anni dopo genereranno il commissariamento del servizio sanitario calabrese. La sanità passa sempre più nelle mani della politica che accentra poteri a discapito delle periferie e si trasforma in carrozzoni incapaci di chiudere bilanci, o addirittura di dover subire anche degli scioglimenti per infiltrazioni mafiose.
Nel 2009 la Regione conclude la definizione del piano di rientro dal debito sanitario coi ministeri della Salute e dell’Economia e nel 2010 – a luglio – l’allora presidente della giunta regione, Giuseppe Scopelliti, viene nominato dal governo commissario ad acta.
È questo lo scenario su cui regredisce il servizio sanitario regionale. Per recuperare il debito monstre la mannaia dei tagli si abbatterà su ben diciotto ospedali – che verranno soppressi – decine di reparti, centinaia di posti letto e paralizzando il turnover, il male di tutti i mali, perché in Calabria non si assumeranno più medici e infermieri fino alla pandemia.
Nel 2015 viene introdotto un nuovo modello organizzativo sanitario, quello di rete integrata “hub” e “spoke”, basato su un numero limitato di centri di riferimento provinciale (hub), con una serie di presidi ospedalieri periferici (spoke).
A Rossano e Corigliano, città da 40mila abitanti ciascuna – siamo in epoche ante fusione – i due ospedali Giannettasio e Compagna vengono “reinterpretati” come unico spoke dalla governance sanitaria della Regione. Inizia così – seppur molto lentamente – la riorganizzazione dei reparti doppione e più in generale dei due presìdi – guarda caso – sulla base delle simpatie politiche dei primari di allora, fidi a questo o quel politico di centrodestra, e non sull’effettiva razionalizzazione ed efficienza. Sono anni, in cui, la politica inizia a telecomandare la sanità col solo obiettivo di generare consensi.
E così la Sibaritide non solo è costretta a dover subire la chiusura nefasta – come sancirà più volte il Consiglio di Stato – degli ospedali periferici di Cariati e Trebisacce, ma anche la chiusura di reparti nello spoke di Corigliano Rossano, in alcuni rari casi ridotti ad ambulatori con annesse soppressioni di posti letto. Ed è anche il tempo – questa volta tocca anche a loro – degli  “imboscati”, tutto quel personale sanitario sulla carta trasferito ad altri servizi a causa di chiusure, accorpamenti e soppressioni, ma nella realtà nascosto negli anfratti del servizio sanitario locale – tra ospedali, ambulatori e distretti sanitari (ne riparleremo) – grazie a scudi politici.

Passato nefasto, presente nebuloso

Arriviamo ai giorni nostri, non prima di ricordare che molti di quei tagli vengono “perpetrati” dal 2010 in poi, con la giustificazione che se ne riparlerà col nuovo ospedale della Sibaritide, in quegli anni previsto solo sulla carta, come accennato, secondo un mantra in fondo piuttosto semplice: tagliamo, poi Dio vede e provvede.
Oggi lo spoke, dopo essere stato sventrato un paio di volte a causa della pandemia, vive in una sorta di limbo, in attesa dell’ospedale della Sibaritide che rispetto a quegli anni, però, sta trasformandosi in realtà.
I cantieri – quelli veri, non quelli inaugurati almeno quattro volte nei lustri precedenti, guarda caso alla vigilia di campagne elettorali regionali e politiche per la posa della “prima pietra” o delle recinzioni – vanno avanti per un anno e mezzo, tranne poi fermarsi perché ci si rende conto della necessità di una variante causata proprio dal Covid, per via delle intervenute nel frattempo nuove regole sanitarie tra percorsi caldo/freddo e del risparmio energetico imposto dall’Unione Europea. Tradotto? Lavori fermi un anno e mezzo, non senza tensioni tra Regione e concessionario, utili ad aggiornare un ospedale progettato nel 2017 ai dettami tecnologici del 2025. E così dai 144 milioni previsti, i costi lievitano del doppio: alla fine dei lavori, previsti per il 2026, l’ospedale della Sibaritide costerà circa 300 milioni, tra fondi regionali e ministeriali.

La gestione dello spoke “a due teste”

Nel frattempo, però, il servizio sanitario continua ad essere erogato dallo spoke a “due teste”, il Giannettasio ed il Compagna. Due ospedali in cui mancano circa una trentina di medici, qualche decina di oss e nessun infermiere (proprio “grazie” al Covid) per andare a pieno regime rispetto ai circa 130 posti letto attualmente disponibili, sui 150 previsti sulla carta.

Verso l’ospedale della Sibaritide

Dati, questi, che suscitano interrogativi sul futuro del servizio sanitario: basterà quel personale che oggi cura 130 pazienti a “governare” il nuovo ospedale da 374 posti letto?
La risposta la fornisce Martino Rizzo, direttore sanitario dell’Asp di Cosenza, ovvero l’ente che gestirà dal punto di vista strettamente sanitario l’ospedale della Sibaritide.
«Negli ultimi due anni abbiamo rimpolpato l’organico dello spoke di Corigliano Rossano di circa cento unità, garantito il turnover e assunto tanti medici, anche i trenta cubani, ed infermieri. Non sarà un problema di medici – spiega a LaC News24 – non solo perché stiamo continuando a reperirne sul mercato anche grazie all’attrattività di poter lavorare in un ospedale nuovo di zecca e ultramoderno. Il numero di professionisti attualmente in servizio potrebbero anche bastare, ma cambierà il parametro degli infermieri. Proprio in vista dell’ospedale della Sibaritide abbiamo bandito i concorsi per i primari che servono, e le specializzazioni più carenti come ginecologia, anestesia, ortopedia, neurologia, psichiatria, pediatria. Crediamo sarà attrattivo, e lo abbiamo notato constatato con l’assunzione come primario di Chirurgia del prof. Sebastiano Vaccarisi, un’eccellenza strappata alla concorrenza proprio perché affascinato dalla possibilità di poter lavorare nel nuovo ospedale».

Anche in prospettiva, manca però, il personale per aprire l’emodinamica. «In effetti stiamo riscontrando delle difficoltà perché gli emodinamisti - spiega Rizzo – sono pochi. In compenso, però, stiamo provando a ingaggiare i liberi professionisti, così da allestire un gruppo pronto ad intervenire al bisogno, sia Corigliano Rossano o Castrovillari e che comunque possa rendersi disponibile negli ospedali dell’Asp di Cosenza».
Il direttore sanitario è però convito che sia necessario un punto ad un anno dall’apertura – previsto dopo l’estate – per capire realmente cosa necessita. «Prendiamo l’esempio dell’ultima risonanza magnetica acquistata con fondi Pnrr del tipo Tesla tre. Ci stiamo chiedendo se sia lecito attendere e istallarla (si tratta di uno strumento del peso di oltre cinque tonnellate, ndr) nel nuovo ospedale o in quello attuale, giacché quelle in servizio funzionano alla perfezione. Ebbene lo sapremo solo tra alcuni mesi, quando avremo il polso completo della situazione».

Cosa ne sarà del Giannettasio

Stabiliti i punti cardine, resta l’altra incognita: che fine faranno gli stabilimenti ospedalieri oggi in servizio? Continueranno a fornire risposte sanitarie come previsto dalla missione salute del Pnrr. «Il Giannettasio – rivela Martino Rizzo – sarà riconvertito in poliambulatorio che ospita le associazioni funzionali territoriali, i gruppi di medici di medicina generale che garantiscono attività continuativa nelle 12 ore. Attualmente contiamo 20 “aft” che aggregano 450 dei 600 medici disponibili. Si tratta di aggregazioni di medici che forniscono risposte ai pazienti, anche se non ci si trova davanti il proprio medico “di famiglia”. Inoltre gli ambulatori di Otorino e Oculistica saranno ampliati, tant’è che stiamo rifacendo i reparti. Una cosa è certa: non possiamo farci trovare scoperti».

L'ospedale Nicola Giannettasio di Corigliano Rossano
L'ospedale Nicola Giannettasio di Corigliano Rossano
L'ospedale Nicola Giannettasio di Corigliano Rossano

L’ottimizzazione dello spoke “caldo/freddo”

In attesa dell’ospedale della Sibaritide, però, c’è da mettere le cose a posto e dare seguito a quanto stabilito dal commissario alla Sanità col dca con cui si ridisegna la rete ospedaliera che prevede il polo con le branche chirurgiche al Giannettasio di Rossano e quelle mediche al Compagna di Corigliano.

L'ospedale \\\"Compagna\\\" di Corigliano Rossano
L'ospedale \\\"Compagna\\\" di Corigliano Rossano
L'ospedale "Compagna" di Corigliano Rossano

«Si tratta di una rivisitazione organizzativa per evitare rischi sanitari che non vogliamo correre. Prendiamo il caso del punto nascite, oggi situato a Corigliano, dove nascono oltre 600 bambini l’anno. Ciò comporta doppio impiego di chirurghi, anestesisti, sale operatorie pronte, ovvero personale che c’è ma resta inutilizzato in attesa di un evento avverso come la complicazione di un parto cesareo. Se il punto nascite fosse a Rossano (presto sarà trasferito, ndr) dove sono già allocate chirurgia e rianimazione, l’impiego del personale sarebbe più produttivo perché il chirurgo può spostarsi velocemente da una sala all’altra e non tra un ospedale e l’altro a distanza di otto chilometri. Peraltro investiamo centinaia di migliaia di euro extra per garantire il punto nascite che con la riorganizzazione del reparto potrebbero essere investiti per migliorare l’emergenza ed i locali. Insomma, tutto quello che è chirurgico deve essere allocato in un unico stabilimento con la rianimazione, se ne fa una questione di sicurezza».

Il terzo incomodo: la politica ingerente

Anche nel caso dell’ottimizzazione dei reparti, e nei traslochi dall’uno all’altro ospedale, per questioni di mero “campanile”, come confermato da Rizzo non mancano le «ingerenze politiche».
«La politica – rivela ancora il direttore sanitario dell’Asp di Cosenza – è fin troppo presente, nonostante il commissario e presidente Occhiuto abbia chiaramente detto che non ci devono essere ingerenze nelle decisioni di carattere sanitario. Ai politici spettano gli aspetti legati alle linee guida da adottare, tutto il resto spetta ai “tecnici”. A dire il vero, però, molti politici lo hanno capito e accettano le decisioni tecniche. Qualcun altro non riesce a comprendere che il proprio orticello non è più una valida giustificazione perché si scontra con le norme».
Insomma, corto circuiti della fusione. «Ci stiamo sforzando – conclude Martino Rizzo – di diffondere questa sensibilità che non deve essere localistica, nell’interesse esclusivo della popolazione».
Effetti collaterali – i campanili ancora esistenti – che probabilmente saranno spazzati via dall’entrata in esercizio dell’ospedale della Sibaritide, al centro della prossima puntata della nostra inchiesta.