La spesa per i servizi sanitari a livello nazionale sale a 40 miliardi di euro registrando un aumento del 26,8% tra il 2012 e il 2022. Quasi il 40% di questa cifra, si evidenzia nello studio, viene destinato a prestazioni che risultano inutili
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Nel 2023, il 7,3% dei cittadini della Calabria ha rinunciato alle cure mediche. Una percentuale simile a quella media italiana, il 7,6%. È uno dei dati emersi dal Report dell'Osservatorio Gimbe sulla spesa sanitaria privata, cioè a carico delle famiglie, commissionato dall'Osservatorio nazionale Welfare & Salute. Sul fronte della spesa sanitaria in Calabria, riferisce Gimbe, parametrando la spesa sanitaria trasmessa al Sistema tessera sanitaria alla popolazione residente Istat al primo gennaio 2023, il valore regionale è pari a 416 euro pro-capite (media Italia 730 euro pro-capite).
«In generale - spiega Gimbe in una nota - le Regioni con migliori performance nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) registrano una spesa pro-capite superiore alla media nazionale, mentre quelle del Mezzogiorno e/o in Piano di rientro si collocano al di sotto. Questo dato conferma sia che il livello di reddito è una determinante fondamentale della spesa out-of pocket (la spesa sanitaria delle famiglie), sia che il valore della spesa delle famiglie, al netto del sommerso, non è un parametro affidabile per stimare le mancate tutele pubbliche, perché condizionato dalla capacità di spesa individuale».
La spesa sanitaria privata
Nel report, infatti, emerge che la spesa sanitaria a carico delle famiglie italiane nel 2023 ha superato i 40 miliardi di euro, registrando un aumento del 26,8% tra il 2012 e il 2022. Tuttavia, quasi il 40% di questa cifra viene destinato a servizi e prestazioni che risultano inutili, senza rispondere a reali bisogni di salute. Lo studio ha evidenziato l'aumento del peso economico sulle famiglie, la rinuncia alle cure e le difficoltà nell'accesso al Servizio sanitario nazionale (Ssn), spesso dovute alle lunghe liste d'attesa. In particolare, la spesa sanitaria totale in Italia ha raggiunto 176,1 miliardi di euro di cui 130,3 miliardi di spesa pubblica (74%), 40,6 miliardi di spesa privata pagata direttamente delle famiglie (23%) e 5,2 miliardi di spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (3%). Considerando solo la spesa privata, l'88,6% è a carico diretto delle famiglie, mentre solo l'11,4% è intermediata.
«Questi valori - spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - riflettono tre fenomeni chiave: il sottofinanziamento pubblico, l'ipotrofia del sistema di intermediazione e il crescente carico economico sulle famiglie. Siamo molto lontani dalla soglia suggerita dall' Organizzazione mondiale della sanità: per garantire equità e accessibilità alle cure, la spesa out-of-pocket non dovrebbe superare il 15% della spesa sanitaria totale».
Le differenze tra regioni
Le differenze tra le regioni sono significative: la Lombardia ha la spesa pro capite più alta (1.023 euro), mentre la Basilicata quella più bassa (377). In particolare, nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno dovuto rinunciare a visite o esami diagnostici, di cui 2,5 milioni per motivi economici, con un incremento di quasi 600.000 persone rispetto al 2022. Per quanto riguarda le principali voci di spesa sanitaria delle famiglie, queste includono l'assistenza sanitaria per cure e riabilitazione (44,6%) e i farmaci (36,9%), ma il 40% di questa spesa riguarda prestazioni di basso valore, come esami e terapie inutili. «Si tratta di prodotti e servizi il cui acquisto è indotto dal consumismo sanitario o da preferenze individuali - conclude Cartabellotta - quali ad esempio esami diagnostici e visite specialistiche inappropriati o terapie inefficaci o inappropriate».