Ci siamo. Ancora pochi giorni e, da lunedì prossimo, la prima pattuglia di medici cubani chiamati in soccorso alla sgangherata sanità calabrese, inizierà a prendere servizio nelle quattro strutture individuate nella provincia: gli ospedali spoke di Locri e Polistena e quelli “generali” di Melito e Gioia Tauro.

Anestesisti, ginecologi, pediatri, ortopedici e, soprattutto, specializzati nella medicina d’emergenza: sono 52 in tutto i dottori forgiati nelle università cubane che, per primi, arrivano a rimpolpare la pianta organica dei nosocomi reggini.

Concorsi bloccati, rinunce eclatanti, medici imboscati: i dottori cubani, dopo un breve corso intensivo di italiano svolto all’università di Arcavacata, arrivano a mettere una toppa ad una situazione che è andata negli anni sempre peggiorando. 16 camici bianchi destinati a Locri, altrettanti a Polistena, altri 20 equamente distribuiti tra Gioia e Melito. Resteranno al lavoro in Calabria, almeno inizialmente, per i prossimi 12 mesi.

Tempo che dovrebbe essere sufficiente, ma il condizionale è d’obbligo quando si parla di sanità a queste latitudini, all’espletamento di una parte dei concorsi indetti per sanare la drammatica penuria di medici disposti a insediarsi in strutture spesso fatiscenti e disorganizzate. Saranno, almeno inizialmente, affiancati nei loro turni di servizio ai colleghi “autoctoni”: a loro il delicato compito di introdurre i colleghi stranieri nel variopinto mondo della sanità pubblica calabrese.