Mezz’ora per una risonanza al cervello, quindici per un elettrocardiogramma: sono alcuni dei tempi previsti nell’ultimo decreto. La Cisl: «Il rapporto medico-paziente non può essere cronometrato»
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Venti minuti per una visita cardiologica, ginecologica e oculistica; trenta minuti per una risonanza del cervello anche se eseguita con mezzo di contrasto; quindici per un ecocolordoppler dei tronchi sovraortici sia se l’esame si esegue a riposo che dopo prova fisica o farmacologica, sempre quindici minuti per un elettrocardiogramma dinamico e trenta invece per un test cardiovascolare da sforzo.
Sono questi i tempi previsti per alcune visite mediche come stabilito dal decreto del Commissario ad Acta della Calabria n. 345 del 07.11.2024. «Un inaspettato “tempario di riferimento delle prestazioni specialistiche”, senza peraltro alcun coinvolgimento delle parti sociali. In sostanza, si stabilisce il tempo massimo di esecuzione di una visita specialistica o di un esame radiologico» - scrive il segretario della Cisl Medici Calabria Nino Accorinti.
«Sotto la mannaia anche altri esami diagnostici: tomografie, spirometrie, mammografie, risonanze magnetiche con e senza contrasto, ecografie, biopsie, colonscopie, polipectomie, Tac, esofagogastroduodenoscopia, elettromiografia, etc La Cisl medici – si legge in una nota - ritiene che questa regolamentazione sia inaccettabile sotto tutti i punti di vista: sia dal punto di vista contrattuale, andando oltre i vincoli normativi e violando gli accordi pattizi nella specialistica ambulatoriale e sia dal punto di vista deontologico, poiché il rapporto medico-paziente non può essere cronometrato, prescindendo da tutte le peculiarità e complessità eventualmente emergenti nella visita del singolo paziente».
Per il sindacato «cronometrare le prestazioni sanitarie non garantisce la qualità, l’appropriatezza e la sicurezza delle cure, incidendo sulla tutela del diritto alla salute dei cittadini ed oltremodo sulla responsabilità dei medici, ai quali è preclusa una analisi accurata e attenta del paziente».
Nella fissazione del “tempario” il Commissario Ad Acta ed il Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria si sono basati “su un lavoro di confronto” di dati disponibili anche in altre Regioni, «senza il coinvolgimento dei professionisti calabresi e senza aver istituito l’Organismo paritetico regionale con le organizzazioni rappresentative degli utenti e di tutela dei diritti, così come stabilito dall’Accordo della Conferenza permanente Stato-Regioni. Quindi si tratta di una scelta lasciata, innegabilmente, all’improvvisazione, senza la elaborazione di studi preventivi del Dipartimento».
Per la Cisl «ancora una volta il mancato confronto con coloro che sono in trincea ed i rappresentanti dei cittadini rischia di generare l’ennesimo “flop”, senza garantire le ottimali condizioni di lavoro del personale sanitario e quindi l’efficienza dei servizi sanitari, eludendo l’obiettivo istituzionale di assicurare una più concreta tutela della salute dei calabresi. Qualche Azienda Sanitaria, come quella di Catanzaro, ha già preso atto del decreto del Commissario Ad Acta, dando mandato al Cup di procedere ad un riallineamento dei tempi di esecuzione di tutte le visite già prenotate. Eppure, già il Tar Lazio nel 2018 ha bocciato le visite “a tempo” e riconosciuto l’autonomia di giudizio del professionista circa la congruità del tempo da riservare a ciascuna visita. La Cisl medici, non può rimanere inerte davanti alla decisione della Regione Calabria e delle Aziende di creare dei limiti alla libertà ed all’indipendenza della professione medica, prevedendo visite “cronometrate”, incompatibili con l’etica e la sicurezza delle cure, e quindi ha dato mandato ai propri legali di valutare ogni possibile iniziativa a tutela dei professionisti e dei pazienti. Tuttavia la Cisl medici rimane sempre disponibile al confronto ed al dialogo costruttivo, auspicando che la Regione Calabria riveda la sua posizione sulla materia».