I giovani professionisti continuano a emigrare portando altrove le loro preziose competenze. Dal Pollino allo Stretto solo buone intenzioni e promesse che poi si infrangono su una burocrazia non all’altezza delle sbandierate ambizioni politiche
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L’emigrazione è il cancro che si sta mangiando la nostra terra privandola di forza ed energia. Ogni sei di gennaio i media hanno gioco facile nel confezionare servizi dalle varie stazioni o autostazioni calabresi prese d’assalto dai ragazzi che rientrano al nord dopo le ferie natalizie. Ogni sei gennaio i nostri politici dicono che faranno di tutto per frenare quella che viene definita fuga dei cervelli. Ma fino a che punto ci credono?
La domanda nasce spontanea alla luce di quanto accaduto con gli specializzandi in Medicina e Chirurgia. Come noto la Regione lo scorso 25 agosto aveva pubblicato una manifestazione d’interesse volta a monitorare quanti specializzandi erano disposti a venire a lavorare in Calabria. La risposta dei nostri ragazzi forse è stata superiore alle aspettative, certamente ha sconfessato il racconto di chi dice che la Calabria è poco attrattiva, visto che alla manifestazione hanno aderito oltre 370 studenti. Nessuno di loro, però, è stato chiamato per andare a formarsi in corsia e raggiungere il doppio obiettivo non solo di migliorarsi ma anche di dare una mano al nostro sistema sanitario.
A distanza di cinque mesi la presidente della commissione Sanità, Pasqualina Straface (Fi), ha specificato che quel bando era solo esplorativo e che il problema principale è quello che in Calabria non esistono molte strutture accreditate nella rete formativa. Inoltre sottolineava che in alcun modo si poteva pensare ad una assunzione degli specializzandi senza passare per i concorsi. In effetti le cose stanno così, al punto che nel pieno della pandemia, quando il Governo decise di aprire i concorsi anche agli specializzandi, formulò un Accordo quadro disciplinante le modalità di svolgimento della formazione per l'assunzione a tempo determinato degli specializzandi. Un accordo che il ministro Roberto Speranza ha cristallizzato in un decreto del 10 dicembre 2021. Nel decreto è allegato anche uno schema di convenzione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 aprile 2022, che le Regioni avrebbero dovuto sottoscrivere con gli atenei per accreditare le strutture sanitarie. Evidentemente questo passaggio non è stato fatto dalla burocrazia regionale e quindi la manifestazione d’interesse non ha prodotto alcun effetto. Al contrario di altre regioni forse più attrezzate sotto questo punto di vista e che sulla scorta di queste disposizioni sono riuscite ad assumere a tempo determinato centinaia di specializzandi. Qui invece dobbiamo ancora partire.
Anziché partire dalle convenzioni con le università e poi fare il bando, si è fatto il contrario con il risultato che alla fine non si è fatto nulla. Ora dalla Regione dicono che sulla base dei riscontri avuti dal bando di interesse si procederà ad individuare quali aziende devono essere accreditate per entrare nella rete formativa. Questo passaggio, però, si concluderà a marzo quando gli atenei stilano la loro offerta formativa. Difficile, vista la carenza di medici che si registra in tutto il Paese, trovare all’epoca ancora disponibili i ragazzi che in agosto scorso avevano aderito al bando della Regione.
Viene così da chiedersi se la burocrazia regionale sia all’altezza delle ambizioni della politica. Lo diciamo anche con riferimento ad un’altra vicenda legata alla possibile costruzione di una futura classe dirigente medica ovvero le borse di studio.
La legge prevede che oltre ai fondi ministeriali, le singole regioni possono finanziare con fondi propri le borse di studio per gli specializzandi in Medicina. La Sardegna ne ha finanziato 224, la Campania 168, la Puglia 30 e addirittura 8 la Valle d’Aosta, regione che fa registrare solo 124.000 residenti. In Calabria invece sono state finanziate solo quattro borse di studio per un importo totale di 408mila euro. Un po’ pochini se si considera il bisogno di medici che avverte il nostro disastrato sistema sanitario. Il perchè di queste risorse cos’ limitate non si è mai capito fino in fondo visto che si è registrato una sorta di scaricabarile fra Regione e Umg.
Allora il vero problema è tracciare un percorso chiaro per creare una classe medica in Calabria. Molte regioni, ad esempio, legano la borsa di studio all'obbligo di esercitare per un determinato numero di anni la professione nella regione.
Certo poi bisogna evitare incidenti come quello che denuncia l’Anaao Assomed che in una nota a firma del responsabile regionale, Michele Quero, e del segretario regionale Anaao Assomed, Luigi Ziccarelli, denuncia che «gli specializzandi, iscritti al primo anno di corso, non hanno ancora percepito, dal mese di novembre, la borsa di studio prevista da contratto. Tale mancanza grava direttamente sui medici in formazione specialistica e soprattutto sull’economia delle proprie famiglie». Il sindacato chiede quindi un incontro urgente ai vertici amministrativi dell’Umg dicendosi pronto ad adire a vie legali.
La politica su tutte queste cose dovrebbe aprire un ragionamento anziché litigare su presunti doppioni di facoltà. D’Altronde non si spiegherebbe l’importanza dell’apertura di un nuovo corso di Medicina e Chirurgia a Cosenza se poi non si presta attenzione a come trattenere gli studenti e rendergli appetibile restare in Calabria. Occhiuto lo sa bene: «Per superare l’emergenza in modo strutturale - ha detto il presidente/commissario commentando l’arrivo dei medici cubani - l’unica strada che abbiamo è quella dei concorsi, che continueremo a bandire su tutto il territorio regionale per assumere medici a tempo indeterminato. Costruiremo concorsi più attrattivi, coinvolgendo anche gli specializzandi, per far in modo che anche ospedali periferici possano essere presi in considerazione da medici specializzati alla ricerca di un’occupazione. E per farlo chiederemo la compartecipazione del governo nazionale: se ad un carabiniere o ad un magistrato che prestano servizio in Calabria viene riconosciuto qualcosa in più - in termini economici e di carriera - perché la nostra Regione viene considerata zona disagiata, questo criterio deve valere ancor di più per la sanità, settore in macerie e commissariato da oltre 12 anni. E su questi punti ho aperto un proficuo confronto con il ministro Orazio Schillaci». I dati relativi alla manifestazione di interesse sugli specializzandi dicono che i ragazzi calabresi se chiamati non si tirano certo indietro. Serve però costruirgli intorno percorsi chiari e lineari nel loro interesse ma anche in quello di tutti i calabresi.