Dal 2007 al 2025 sono trascorsi 18 anni. Da allora poco o nulla è cambiato, gli ospedali non ancora conclusi, per alcuni i lavori nemmeno iniziati tanto da indurre il Governo a dichiarare lo stato d’emergenza attraverso una ordinanza di Protezione civile per snellire le procedure amministrative. Nel 2007 si rivelò una strategia fallimentare, oggi bisognerà attendere almeno un anno prima di dirlo. 

In Calabria le opere pubbliche si perdono in lungaggini burocratiche, ricorsi e ritardi che ne dilatano indefinitamente i tempi.
Abbiamo chiesto a Marianna Mauro, docente di Economia aziendale e management sanitario all’Umg e responsabile del centro “Health and Innovation”, perché in Calabria appaia così difficile realizzare opere pubbliche. 
«Sicuramente la burocrazia ha il suo peso, un altro elemento che potrebbe indurre ad una gestione straordinaria è quello dell’inefficienza amministrativa, intesa come incapacità delle persone a programmare gli investimenti» spiega la docente Umg.

Le difficoltà della Calabria a portare a termine le opere pubbliche sono state cristallizzate nella dichiarazione da parte del Governo dello stato d'emergenza per il sistema sanitario. Per la docente di economia aziendale dell'Umg, Marianna Mauro, la Calabria sconta un deficit amministrativo che si traduce in inefficienza e incapacità. 

«Gli investimenti viaggiano sulle gambe delle persone e, quindi, la realizzazione di investimenti così complessi richiede il possesso di competenze e capacità da parte di tutti gli attori coinvolti. A mio avviso c’è innanzitutto un problema di reclutamento, di competenze e di formazione perché le persone possono anche essere formate rispetto agli obiettivi da conseguire».

«A ciò bisogna aggiungere le condizioni del tessuto economico produttivo calabrese. Nelle altre regioni un tessuto economico vivace è in grado di esercitare pressione sulla macchina amministrativa per sollecitare l’adozione di soluzioni più efficienti, più veloci. Al contrario, il tessuto economico calabrese connotato da una scarsa vivacità non genera questa sinergia positiva e questo riflesso sulla macchina amministrativa regionale».

«Ultimo ma non ultimo problema è la fuga dei giovani. Una grande fetta di calabresi formati e laureati cerca collocazione in altre regioni, se non in altri paesi, andando di fatto a comporre la macchina amministrativa di altre realtà».

La recente dichiarazione dello stato d’emergenza si basa anche sull’inattuabilità dei progetti redatti anni fa. Questa la ragione che ha indotto il presidente della Regione ha chiedere l’adozione di una misura straordinaria. Per la docente Umg è il segno evidente di una “stortura”. Un peccato originale che risale alla regionalizzazione della sanità. 

«Stamattina sul Sole 24ore c’è un articolo che ne riprende un altro pubblicato da The Lancet, la famosa rivista internazionale ci riporta alla contingenza italiana, ovvero alla eccessiva parcellizzazione dei sistemi sanitari. L’articolo di stamattina suona proprio così: “La sanità italiana è rotta in 21 pezzi”. Si rimette al centro del dibattito così la regionalizzazione della sanità, avviata nel 2001 a seguito della quale le Regioni sono state invitate a risanare i propri conti e ad attivare una serie di procedure per erogare i livelli essenziali di assistenza».

«Alcune Regioni come la Calabria è come se non avessero accolto l’invito, non si sono dimostrate pronte. Di fatto la mancata preparazione ha condotto dapprima al piano di rientro nel 2007 e poi al commissariamento nel 2010 per il mancato conseguimento dei livelli essenziali di assistenza. Probabilmente la situazione attuale del sistema sanitario regionale affonda le sue radici nel passato, un passato che dura dai primi anni del 2000; periodo durante il quale non sono state adottate quelle strategie che avrebbero potuto portare oggi ad un sistema regionale in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza e avere i conti in ordine».

«I conti sono stati risanati perché la Regione Calabria ha approvato i bilanci ma è ancora una regione che arranca sul tema dei livelli essenziali di assistenza. Anche nel 2023 – conclude la docente Umg – nonostante si ravvisino miglioramenti di qualche punto nelle aree distrettuali e della prevenzione si è ancora inadempienti. Conseguiti i Lea nell’area ospedaliera».